giovedì 22 febbraio 2018

L'Attualità della Parola del Buddha

Dal Discorso 22 del Majjhima Nikaya del Canone Pali
Giuseppe De Lorenzo, Edizione La Terza, 1925



“ Ci sono fra di voi, o monaci, alcuni che apprendono l’insegnamento: hanno letto molto e molto ascoltato e sono diventati esperti in quello che si può conoscere con la lettura e con l'ascolto. Ma non sempre hanno verificato il senso dell'insegnamento con l'esperienza
personale e quindi sfugge a loro il fatto che non si può avere una conoscenza chiara e non si ricava alcuna saggezza da concetti il cui significato non sia stato oggetto di esperienza personale. Ci sono praticanti che accolgono gli insegnamenti non come indicazioni per avanzare lungo il cammino spirituale, ma come materia per uno scambio di opinioni.
Costoro non colgono lo scopo per cui si apprende l'insegnamento e, non essendosi
correttamente confrontati con esso, rimangono prigionieri dell'illusione e della sofferenza.
Questi praticanti hanno afferrato male l'insegnamento.
È come se un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, lo afferrasse per il corpo o per la coda: il serpente gli si rivolterebbe contro e gli morderebbe la mano, il braccio o altro, procurandogli forti dolori o addirittura la morte.
E perché tutto questo? Perché, o monaci, quel cacciatore aveva afferrato male il serpente.
Così pure può accadere che insegnamenti male afferrati siano causa di danno e di
sofferenza. Questo capita a quei praticanti i quali ritengono che l'insegnamento sia rivolto soltanto all'intelletto o sia utilizzabile solo come oggetto di discussione.
Ci sono invece praticanti abili che afferrano bene gli insegnamenti, ne ricavano con
saggezza il senso e dopo essersene intellettualmente impadroniti, ne sperimentano il
significato con la pratica e il sapere intuitivo e diretto.
Costoro non apprendono gli insegnamenti solo per dedurne delle opinioni o per utilizzarli nelle discussioni, ma ne colgono con chiarezza il senso profondo e ne ricavano grande vantaggio per la propria liberazione, avendoli bene afferrati.
E’ come quando un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, ne blocca prima la testa contro il suolo con un bastone forcuto e poi lo solleva afferrandolo saldamente per il collo. In questo caso il serpente non può morderlo e fargli male, anche se gli si
attorcigliasse attorno alla mano, al braccio o altrove.
Questo succede perché il cacciatore ha saputo afferrare bene il serpente.
Così pure, o monaci, se saprete afferrare correttamente il senso del mio insegnamento, ne avrete grandi benefici. Ma se non riuscite a coglierne bene il significato, parlatene con me oppure con qualche praticante anziano ed esperto".

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