"L'assenza di pensiero è il pensiero istantaneo". Ora, l'errore sarebbe ritenere che assenza di pensiero voglia dire qui non pensare a nulla. È un fraintendimento in cui spesso si può cadere e di fatto è così. Ma si tratta di qualcos'altro. Costringere al silenzio i pensieri è il risultato di un atteggiamento contrastivo, concentrato in modo reattivo e violento: è una via perseguita da certe tradizioni meditative, ma non dallo zen. Il non-pensiero di cui parla lo zen non esclude nulla; è per certi versi il contrario: è un'apertura, è un atteggiamento non discriminante. È una via verso l'abbandono, il cedimento. I pensieri permangono nella loro naturalezza, si susseguono nella loro fresca istantaneità. Se io voglio raggiungere il silenzio assoluto dei pensieri, allora il mio atteggiamento è innaturale e dualistico: la mia mente è piena di pensieri e io voglio arrivare a chissà quale mistico svuotamento!
"Il pensiero
istantaneo è l'onniscienza". Allora è ovvio che quando lascio la presa,
quando mi scrollo di dosso la tenace volontà di liberarmi la mente dei suoi
contenuti, rimane il pensiero pensato in questo momento, in questo preciso
istante, nella sua pulizia, nella sua assoluta presenzialità. Nel qui e ora del
pensiero sono solo e semplicemente in quel pensiero stesso che sta
istantaneamente passando in me: essere solo quel pensiero vuol dire
onniscienza. Una conoscenza totale, illimitata, perché non più costretta dai
limiti separativi, bensì coincidente con la mente conoscente e l'oggetto di
pensiero. Conoscenza, conoscente, conosciuto si identificano: è come dire
libertà, o anche infinito.
"Il pensiero
nell'assenza di pensiero è la manifestazione, l'attività dell'assoluto". A
questo punto non c'è più qualcuno che pensa e che si pone di fronte a
qualcos'altro. Non c'è più una mente che ha dentro di sé un pensiero. Se sei
penetrato da quel pensiero, quello di questo istante e nient'altro; se sei così
semplice da non complicare tutto costruendoti i tuoi infiniti vaniloqui
interiori; se non ti poni con un atteggiamento teso e reattivo, allora sei
uscito dal dualismo soggetto-oggetto, anche quello presente nella coppia
mente-pensiero. Sei in una dimensione cui non puoi dare un nome definito;
eppure l'attività del pensare sussiste ancora, ma non è più oggettivata, non è
più originata a colpi di atti di volontà o in uno stato di inconsapevolezza. Si
dà spontaneamente, libera: è una "manifestazione", più che un oggetto;
è "l'attività dell'assoluto", e non più una scelta o un'opzione
soggettivistica, personalistica, egoica.
Chen-Huei
© Tora Kan Dōjō
www.iogkf.it
www.torakanzendojo.org
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