L'educazione del cuore passa attraverso linguaggi
mitico/simbolici che da tempo sono stati completamente abbandonati tanto
nell'educazione scolastica quanto in quella familiare.
Eppure quel che nutre i principi morali dei giovani
sono modelli mitici, eroici... assimilati attraverso la letteratura, le
tradizioni familiari, sociali...
L'abbandono delle tradizioni, con i suoi racconti, i
suoi riti di passaggio, i suoi miti ha determinato un vuoto incolmabile che i
giovani cercano di riempire spesso dirigendosi in pericolose direzioni
prendendo a prestito modelli tutt'altro che educativi.
La pratica dell'arte marziale può colmare questo
pericoloso vuoto.
In un Dôjô tradizionale durante la pratica si
utilizzano costantemente e sapientemente linguaggi mitico/simbolici attraverso
gestualità e riti, prove iniziatiche, esperienze arcaiche, che offrono efficaci mezzi di conoscenza di sé e dell'altro, che permettono di assimilare
inconsciamente principi etici e fare potenti esperienze formative.
Si tratta di luoghi davvero di un valore inestimabile,
quanto mai necessari oggi per colmare il drammatico vuoto educativo.
I veri Dôjô purtroppo sono pochi, pochissimi,
richiedono da parte dell'Insegnante di essersi formato rigorosamente e
sinceramente sotto la guida di un maestro in una tradizione autentica che gli
abbia trasmesso efficacemente la maestria nell'utilizzo di questi linguaggi,
una maturità e delle capacità e competenze che nessuna 'federazione' può
trasmettere e riconoscere con degli stage del fine settimana.
I Dôjô non hanno nulla a che vedere con le 'palestre'
dove si scimmiotta malamente una gestualità marziale praticando un gioco
sportivo.
E' per questo che il Karate tradizionale dovrebbe
essere protetto come un inestimabile tesoro culturale ed educativo ed uscire
dal ghetto dello sport (a breve ci aspettiamo il riconoscimento del Karate di
Okinawa nell'Unesco).
Lo sport ha in gran misura fallito il suo progetto
educativo diventando solo una fabbrica di 'campioni a temine' per i quali la vittoria con ogni mezzo è l'obiettivo primario per il quale sono sacrificati educazione morale ed anche la stessa educazione fisica che, nell'esasperazione agonistica, arriva a devastare il corpo e la psiche degli atleti.
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