Reigi o omonzuru koto.
Rispetta gli altri e agisci sempre con onore e cortesia .
Hitotsu
Hitotsu
夫をすること
Hitotsu
Futō fukutsu no seishin o yashinau koto
Hitotsu
Shinshin o renma shi Gōjū-Ryū Karate no shinzui
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I Dōjō Kun in generale
Tutti i precetti si aprono con ‘Hitotsu’ che si traduce con ‘Primo’ ovvero ‘Numero uno’.
L’elenco dei Dōjō Kun non prosegue poi con ‘Futatsu: Secondo’, ‘Mitsu: Terzo’ ma ogni precetto è ‘Hitotsu’ ‘Il Primo’.
Questo sta a sottolineare l’importanza di ognuno dei precetti che non sono elencati come un’elenco in ordine di priorità ma come linee guida di comportamento virtuoso che hanno tutte la medesima, capitale, importanza.
I Dōjō Kun nascono come principi di un codice etico che lungi dall’essere regole rigide ed imposte dall’esterno assumono la forma di esortazioni che devono portare il praticante a riflettere sulla propria vita e ad aiutarlo nelle scelte che la vita stessa impone quotidianamente.
Ad ogni recitazione dei Dōjō Kun poniamo il nostro spirito di fronte allo specchio dei Precetti e siamo sfidati a riesaminare i nostri principi.
I Dōjō Kun ci ricordano anche quanto la nostra vita sia strettamente interconnessa con quella di ogni altra esistenza e quanto l’incolmabile debito di gratitudine che abbiamo nei confronti dei nostri antenati e maestri sia il nutrimento fondamentale della nostra azione quotidiana.
Azione che, proprio in virtù di questo debito e di questo legame, assume una dimensione ‘cosmica’ che trascende i nostri bisogni e desideri personali.
Storicamente la leggenda fa risalire la prima formulazione di Dōjō Kun a Bodhidharma, Primo Patriarca Cinese dello Zen, al quale si attribuisce un’importante influsso sullo sviluppo delle Arti Marziali.
I Dōjō Kun poi si differenziano da Scuola a Scuola ma alla base delle varie interpretazioni e traduzioni stanno i principi fondamentali del rispetto, integrità, forza d’animo, onore e lealtà nonché del valore e dell’importanza, nella propria vita, della pratica del Karate-Do.
Largamente influenzato dai Principi Buddhisti, il Karate-Do, riconosce ‘nell’azione retta’ il presupposto fondamentale per la quiete della mente.
Il rispetto dei principi morali dettati dai Dōjō Kun funge da ‘distillatore’ dell’azione guerriera propria alla pratica del Budō.
Come ha detto il Maestro Omori Sogen, monaco Zen e Insegnante di Spada: ‘le arti marziali, praticate senza una Mente rivolta al Risveglio, non sono altro che pratiche bestiali’.
Con una mente rivolta al Risveglio invece la pratica marziale diviene uno strumento di straordinaria potenza per conoscere sé stessi e conoscere gli altri ed il mondo, presupposto fondamentale ad ogni azione ‘morale’ ed ‘efficace’.
I Dōjō Kun, come principi morali, fanno dunque la differenza tra una pratica ‘egoistica’ indirizzata solo alla fama e al profitto derivanti dal successo sportivo o magari solo al proprio esclusivo benessere e la pratica dell’autentico Budō tesa a forgiare uomini che possano mettere la propria integrità, salute, coraggio e forza al servizio dell’intera società.
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