lunedì 30 ottobre 2017

Schegge Budo e Zen - 30 ottobre 2017





















"Il Karate inizia e finisce con il Rispetto..."

Anko Itosu



"Il termine narau, ‘studiare’, ha più l’accezione di ‘ripetere qualcosa ancora e ancora e ancora.’ 
Potremmo anche definirlo ‘imparare’, ma non necessariamente imparare qualcosa di nuovo. Forse il termine migliore potrebbe essere ‘praticare’.
Praticare la Via del Buddha è praticare il proprio sé, o soltanto vivere la vita. Questo apparente processo di ripetizione non è niente altro che vivere la propria vita.
Solo coloro che hanno una grande fede e una grande capacità possono comprendere che noi siamo già così! Lasciate che si riveli. 
Non avete bisogno di acquisire nulla in nessun luogo o da nessun altro - questo è shikantaza. Voi e lo Zazen diventate uno - questo è il Buddha!"

Taizan Maezumi Roshi




"Non dovete distrarvi durante zazen, né durante l'allenamento delle arti marziali. Bisogna praticarli a fondo, concentrandosi, impegnandosi totalmente. Non bisogna serbare una parte di energia come riserva. Concentrarsi significa esprimerla, scaricarla totalmente. Se durante un combattimento ci si risparmia non si può vincere. È un segreto delle arti marziali, e di ogni azione della nostra vita."

Taisen Deshimaru Roshi, Lo Zen e le arti marziali



"Lasciare qualcosa, soprattutto l'intenzione di lasciare qualcosa, già ha contaminato quel che poteva esser lasciato.
Povero illuso chi pensa che la sua mano 'cambi qualcosa che prima era qualcos'altro'...
illuso ed arrogante.
Se penserai che è la 'tua' mano che cambia qualcosa allora avrai solo agito con violenza e arroganza.
Il momento in cui non è più la 'tua' mano a 'creare', 'toccare'... allora sarà la mano dell'Universo intero a creare tramite te.
Allora anche tosare un prato e tagliare fieno diventa un'opera d'arte e non è meno importante nell'economia del cosmo di chi scrive un libro o erige un palazzo, anche se nessuno potrà mostrare apprezzamento."

Taigō Spongia Sensei






"Quel che resta del tempo...
Quel che torna e non torna...
Quel poco d'eterno che porto nel cuore,
senza malinconie.
L'abbraccio infinito di gratitudine di tutte le cose."

Monica De Marchi

venerdì 27 ottobre 2017

A te che pensi che valga la pena di essere ‘in’ (Ita/Eng)






A te che pensi che valga la pena di essere ‘in’

Vuoi sempre fare come gli altri. Se uno mangia patatine fritte, anche tu vuoi le patatine fritte. Se qualcuno sta succhiando una caramella, la vuoi anche tu. E quando vedi uno che suona un fischietto, urli: “Mamma, per favoooore, lo voglio anch’io!”
E questo non accade solo per i bambini.

Quando arriva la primavera, lasci che la primavera ti faccia girare la testa. Quando arriva l’autunno, lasci che l’autunno ti faccia girare la testa. Ognuno sta solo in attesa che qualcosa gli faccia ‘girare la testa’ (in cerca di eccitazione n.d.t.). Alcuni addirittura si procurano da vivere facendo ‘girare le teste’ – producendo pubblicità.

Le persone amano la confusione emotiva. Basta semplicemente guardare i posters dei film davanti ai cinema: nient’altro che confusione emotiva sulle loro facce. Il Buddha-Dharma consiste non permettere a te stesso di cadere alla mercé della confusione emotiva.
Nel mondo d’altronde si fa una grande confusione per niente.

Questo accade nell’essere una persona ordinaria: essa può solo vedere con gli occhi della stupidità collettiva.
Essere circondato da eroi e tirar fuori il coraggio per recitare la parte dell’eroe tu stesso – non c’è nulla di eroico in questo. Il ladro dice al figlio: “Se non la pianti con la tua dannata onestà, non diventerai mai un buon ladro come me. Sei la vergogna della categoria!”. In una società disonesta, chi è onesto è preso per pazzo.

Non permettere a te stesso di eccitarti per l’eccitazione collettiva. Non lasciare che quel che ti circonda ti faccia girare la testa. Questo è il significato della saggezza. Non lasciarsi carpire da nessuna filosofia o da nessun gruppo. Non sprecare il tuo tempo con creature così idiote come gli esseri umani.

L’uomo fa la faccia intelligente, e dice di essere il signore del mondo. Ma in realtà non sa da dove cominciare, a partire dal proprio corpo: guarda lo sport alla TV e si giustifica dicendo che lo fanno tutti.

Viviamo immersi nella stupidità di massa e confondiamo questa follia con l’esperienza reale. E’ essenziale diventare trasparenti al proprio sé e svegliarsi da questa follia. Zazen significa chiamarsi fuori da questa ipnosi di massa e camminare con le proprie gambe.

Prese una per una le persone sono ancora sopportabili, ma quando formano delle cricche cominciano a rincretinire. Cadono nella stupidità di gruppo. Sono così decisi a diventare stupidi in gruppo che fondano dei circoli e pagano anche una quota di adesione. Zazen significa abbandonare la stupidità di gruppo.



English version


To you who think there’s something to being “in”

You’re always hanging onto others. If somebody’s eating French fries, you want French fries too. If somebody’s sucking on a candy, you want a candy too. If somebody’s blowing on a penny whistle, you scream, “Mommy, buy me a penny whistle too!”
And that doesn’t just go for children.

When spring comes, you let spring turn your head. When autumn comes, you let autumn turn your head. Everyone is just waiting for something to turn their head. Some even make a living turning heads – they produce advertising.

People love emotional confusion. Just look at the film posters in front of the cinema: nothing but emotional confusion on their faces. Buddha-dharma means not putting yourself at the mercy of emotional confusion. In the world, on the other hand, a big fuss is made over nothing.

It goes with being an ordinary person: he can only see with the eyes of collective stupidity.
Being surrounded by heroes and scraping up the courage to play hero yourself – there’s nothing so heroic about that. A thief says to his son, “If you don’t stop right away with your damned honesty, you’ll never be a respectable thief like me. You are a disgrace to the profession!”

Don't let yourself be excited by the excitement around you. Don't let your surroundings turn your head.
This is what it means to be wise. Don't let yourself be taken in by any philosophy or any group. Don't bother with anything as dimwitted as people. 

Man makes a clever face and talks about being lord on Earth. And at the same time he doesn’t even know where to begin with his own body: he watches sports on television and defends himself saying that everyone else does it too.

We live in group stupidity and confuse this insanity with true experience. It is essential that you become transparent to yourself and wake up from this madness. Zazen means taking leave of the group and walking on your own two feet.

One at a time people are still bearable, but when they form cliques, they start to get stupid. They fall into group stupidity. They’re so determined to become stupid as a group that they found clubs and pay membership dues. Zazen means taking leave of group stupidity.


© Tora Kan Dōjō

lunedì 23 ottobre 2017

Schegge Budo e Zen - 23 ottobre 2017





















"La scelta c’è dove c’è confusione. Per la mente che vede con chiarezza non c’è necessità di scelta, c’è azione."

J. Krishnamurti



"Il profumo di legno bianco e fresco
Nel tempo della linfa, in primavera:
È come se stesse passando la Vita fatta persona
A piedi nudi, con la rugiada nei capelli.
Il soave e nudo sentore
Si genuflette, muliebre e biondo,
nella quiete che hai dentro,
suona le tue ossa
come flauti di salice.
Con una gelata sotto la lingua
Cerchi fuoco per farne
Una parola.
E sai, mite come
Il vento del sud nella mente,
che al mondo esistono ancora
cose su cui contare."

Hans Bǿrli, Il profumo di legno fresco





"Dobbiamo diventare quello che eravamo prima di essere nati."

Ikkyu



"Il tuo comportamento quando sei solo, quando nessuno ti giudica, quando nessuno ti premia... indica chiaramente il tuo livello di consapevolezza e di civiltà."

Paolo Taigō Spongia Sensei




"Siamo tutti soggetti alla sofferenza ma allo stesso tempo la chiave per la liberazione da essa è dentro di noi; il punto è che ci attacchiamo continuamente al nostro dolore.
Come diceva Pascal, siamo dei 're decaduti', per lo più inconsapevoli della nostra natura regale che è sempre e ancora nella nostra interiorità."

Alessandro della Ventura

giovedì 19 ottobre 2017

Il Fiore del Buddha

Quel giorno, il discorso del Buddha fu molto particolare. Attese che i bambini si fossero messi a sedere tranquilli, poi lentamente si alzò, prese un fiore di loto e lo tenne alzato di fronte alla comunità senza dire una parola. Tutti sedevano immobili. A lungo il Buddha tenne in alto il fiore in silenzio. Gli astanti erano perplessi e si chiedevano cosa volesse comunicare. Infine il Buddha abbracciò con lo sguardo l’assemblea, sorrise e disse: “Io ho l’occhio del vero Dharma, il tesoro della visione meravigliosa, e in questo momento l’ho trasmesso a Mahakassapa”. 

Tutti si voltarono verso il venerabile Kassapa, e lo videro sorridere. I suoi occhi non si erano staccati dal Buddha e dal loto che teneva in mano. Quando gli sguardi ritornarono al Buddha, videro che anche lui guardava il fiore e sorrideva.
Svasti, benché perplesso, sapeva che la cosa principale era mantenere la presenza mentale. Ritornò al respiro mentre nel contempo guardava il Buddha. Il bianco fiore di loto era appena dischiuso. Il Buddha lo reggeva con dolcezza e solennità. Teneva il gambo tra il pollice e l’indice, e il fiore ripeteva la forma della sua mano. La mano del Buddha era bella come il fiore, pura e meravigliosa. Allora, improvvisamente, Svasti vide la pura e nobile bellezza del fiore. Non occorreva ricamare pensieri. Spontaneamente, il sorriso gli fiorì sul volto.
“Amici” incominciò il Buddha, “questo fiore è una meravigliosa realtà. Tenendolo qui davanti a voi, tutti potete sperimentarla. Entrare in contatto con un fiore è entrare in contatto con una realtà meravigliosa, entrare in contatto con la vita stessa.
“Mahakassapa ha sorriso per primo, perché è entrato immediatamente in contatto con il fiore. Sin tanto che gli ostacoli ostruiscono la vostra mente, non potete entrare in contatto con un fiore. Molti di voi si sono chiesti: ‘Perché mai Gautama tiene alto quel fiore? Che senso avrà il suo gesto?’ Ma, se la vostra mente è intasata da tali pensieri, non potete sperimentare realmente il fiore.
“Amici, perdervi nei pensieri vi impedisce di entrare in contatto con la vita. Se vi lasciate dominare dalla preoccupazione, la frustrazione, l’ansia, l’ira o l’invidia, perdete la possibilità di entrare in contatto con le meraviglie della vita.
“Amici, il loto nella mia mano è reale solo per quelli di voi che dimorano in consapevolezza nel momento presente. Finché non sarete ritornati al momento presente, il fiore non esisterà davvero. Vi sono persone che attraversano una foresta di alberi di sandalo senza vederne neppure uno. La vita è colma di sofferenza, ma racchiude anche molte meraviglie. Siate consapevoli, e vedrete sia la sua sofferenza sia la sua meraviglia.
“Essere in contatto con la sofferenza non significa perdersi in essa. Essere in contatto con la meraviglia non significa perdersi in essa. Essere in contatto significa incontrare la vita, vederla in profondità. Incontrandola direttamente, ne comprendiamo la natura interdipendente e impermanente. Grazie a ciò, non ci perdiamo più nel desiderio, nell’ira e nella brama. Dimoriamo invece nella libertà e nella liberazione”.

“Vita di Siddharta il Buddha”, Thich Nhat Hanh, Ubaldini editore, 1992



© Tora Kan Dōjō





lunedì 16 ottobre 2017

Schegge Budo e Zen - 16 ottobre 2017





















"Perché infliggere sofferenza agli altri, quando noi stessi cerchiamo di sfuggirla?"

Buddha



"Sen no Rikyū (il celebre maestro del tè) osservava il figlio Shōan spazzare il sentiero del giardino dopo averlo annaffiato. 'Non è abbastanza pulito', disse Rikyū quando Shōan finì il suo lavoro; gli ordinò di provare ancora. Dopo un'ora di fatica, il figlio si rivolse a Rikyū: 'Padre, non c'è più nulla da fare. I gradini sono stati lavati per la terza volta; le lanterne di pietra e gli alberi sono irrorati di acqua, luccicano di un verde fresco. Non ho lasciato per terra né un ramoscello né una foglia '. 
'Giovane sciocco', lo rimproverò il maestro, ' non è questo il modo di pulire il sentiero'.
Così dicendo, Rikyū entrò nel giardino, scosse un albero e sparpagliò foglie d'oro e cremisi, frammenti del broccato autunnale!"

K.Okakura, Il libro del tè




"L'armonia di un individuo con il proprio 'sé profondo' non richiede soltanto un viaggio nell'interiorità, ma un’armonizzazione con il mondo ambientale."

James Hillman



"Dobbiamo circondarci di persone appassionate che perseguono la stessa missione e ricerca con onestà e coerenza, che si muovono verso lo stesso orizzonte. 
Abbandonare le compagnie oziose, inutili, non sincere. 
Il Buddha esortava:
‘Se non puoi camminare a fianco di nobili amici meglio procedere solo come un elefante’.
Ho la fortuna e il privilegio di essere circondato da uomini sinceri che perseguono con fervore la stessa ricerca. 
Questo agevola e sostiene il mio Cammino."

Paolo Taigō Spongia Sensei



Seminario d'autunno IOGKF Italia



"Brucia la mente.
Niente qui vi rimane.
Solo un lampo."

Monica De Marchi



Schegge Budo e Zen - 9 ottobre 2017





















Un monaco curioso chiese: "Cos'è la Via?".
"E’ proprio di fronte ai tuoi occhi!" Rispose il maestro.
"Perché non riesco a vederla da me?".
"Perché stai pensando a te!".
"E tu? La puoi vedere?" Chiese ancora il monaco.
"Finché tu vedi doppio, e dici – io non vedo e tu vedi – e così via,
i tuoi occhi restano annebbiati."
Rispose il maestro.
"Quando non c’è né io né tu, posso vederla?" Insistette l’allievo.
"Quando non c’è né io né tu, chi è che vuole vederla?"

Storia Zen



"I guru che in India si moltiplicano come funghi e che prosperano in tutto il mondo hanno dato a questa parola, 'meditazione', una grande varietà di significati. C'è la meditazione trascendentale - e io vorrei che non avessero mai usato questa splendida parola - che è la ripetizione di certe espressioni, a pagamento – tre volte al giorno, per venti minuti!
La ripetizione ininterrotta di qualsiasi parola certamente vi darà una certa quiete perché avete ridotto il cervello a una tranquillità meccanica. Ma in questo non c'è niente di più trascendentale di quanto ve ne sia in qualsiasi altra cosa.…"

J. Krishnamurti



"La solitudine non significa condizione miserevole, ma piuttosto regalità segreta, incomunicabilità profonda, ma conoscenza, più o meno oscura, di un'inattaccabile singolarità."

A.Giacometti





"Domani parto per il mio ennesimo viaggio ad Okinawa.
Partire suscita sempre in me sentimenti di entusiasmo (specie quando vado ad Okinawa dal mio Maestro e dai miei colleghi e compagni di Cammino) e profonda malinconia.
Partire per me è sempre un po' morire (citando una vecchia canzone) pertanto ogni volta cerco di lasciare tutto in ordine e prendo commiato da tutto e da tutti..."

Paolo Taigō Spongia Sensei




mercoledì 4 ottobre 2017

Lo Zen e l'arte della manutenzione dello stress




Pubblichiamo la prefazione dell'ultimo libro, Lo Zen e l'arte della manutenzione dello stress -Piemme editore) scritto dal Maestro Bruno Ballardini, grande amico del Tora Kan Dōjō e di Sensei Taigō.
Già dalla prefazione lo stile provocatorio e sferzante che contraddistingue l'autore ci mette in guardia dalla tendenza sempre più diffusa e deviata di approcciarsi in maniera confusa e superficiale alla pratica Zen e in generale a qualsiasi disciplina olistica.
Bruno Ballardini: professore universitario, docente di tecniche della comunicazione, autore di libri pubblicati in 11 lingue, praticante ed insegnante di Karate Antico, esperto di arti cinesi, già direttore della rivista ’Quaderni d’Oriente’ e autore di numerosi articoli per Samurai negli anni 70. Traduttore di libri per le edizioni mediterranee, tra cui ‘Il Karate di Okinawa’ di M.Bishop. Scrive editoriali per prestigiose riviste. Autorevole testimone della storia delle arti marziali in Italia.





Se pensate che con un libro si riesca a far passare lo stress, scordatevelo. Probabilmente, l’avrete comprato per questo motivo e fra pochi minuti vi accorgerete che sfogliandolo non succede assolutamente nulla. Se invece l’avete ricevuto in regalo, evidentemente qualcuno pensa che voi siate degli stressati. Nemmeno questa sensazione è piacevole. In un modo o nell’altro, questo libro rischia di farvi aumentare lo stress anziché diminuirlo. Dipende da come lo usate.
Viviamo in un mondo fatto di parole. Parole che, sempre più spesso, non sono collegate a fatti. Oppure, i fatti che le accompagnano sono l’esatto contrario di ciò che promettono. E questa schizofrenia, senza dubbio, è una notevole fonte di stress. Ma lo stress non nasce solo così. Si direbbe che la nostra civilizzazione si basi sullo sfruttamento degli individui e sull’abitudine ormai consolidata di portarli fino a una condizione di stress. Poi c’è sempre qualcuno che arriva perfino a sfruttare questa condizione generalizzata a proprio vantaggio. È questo il punto. Se avete prodotto personalmente il vostro stress, non permettete che altri lo sfruttino (stressandovi ulteriormente) ma, dato che non potete proprio liberarvene, provate almeno a immaginare quali usi potreste farne. Entro certi limiti lo stress è una faccenda naturale. È un po’ meno naturale il fatto che oggi si sia sviluppata una gigantesca industria per “curare” lo stress, con discipline olistiche, medicine alternative, e un mucchio di stupidaggini che vi fanno solo credere di aver superato il problema quando in realtà vi lasciano al punto di partenza. Fanno leva sulla vostra buona fede, sono una specie di placebo psicologico, adatto a quelli che si aspettano una medicina definitiva che sconfigga il male e possibilmente lo faccia subito.
Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di prendere in casa un animale. Ti fa scoprire di essere un animale, ti fa tornare subito con i piedi per terra. Ti fa assumere la responsabilità di occuparti di lui quando non ti sei mai preso la responsabilità di occuparti nemmeno di te stesso. Ti insegna cose che hai sempre saputo ma che non hai mai voluto minimamente prendere in considerazione. Ti cambia completamente prospettiva. Come la cagnetta di Charlotte Joko Beck (1), anche Lulù, la mia gatta, non si chiedeva il significato della vita. Non si preoccupava se la colazione fosse in ritardo: quando aveva fame mangiava, quando aveva sonno dormiva. E nemmeno lei stava lì seduta a domandarsi se si sarebbe mai realizzata, liberata o illuminata. Cibo e carezze le bastavano. Se non le bastavano, se le veniva a prendere. Come dice la Beck, noi esseri umani non assomigliamo ai cani (e men che meno ai gatti, aggiungo io): «Abbiamo una mente egocentrica che ci procura montagne di guai. Se non capiamo l’errore del nostro modo di pensare, la nostra coscienza di sé, che è la più grande benedizione, si trasforma nella nostra rovina. Tutti, chi più chi meno, sentiamo la vita difficile, incomprensibile e opprimente. Anche quando tutto va bene, come ogni tanto succede, ci facciamo prendere dall’ansia che la situazione possa cambiare. […] Ci troviamo intrappolati nella contraddizione di sentire la vita come un rompicapo insolubile, fonte di grande dolore, e nello stesso tempo di percepirne confusamente la sconfinatezza, l’ampiezza illimitata. Così cerchiamo una risposta al puzzle. Il primo impulso è di cercare la risposta all’esterno. Può trattarsi di una soluzione molto qualunque: un’auto più potente, una casa più bella, vacanze più divertenti, un capo più comprensivo, un partner più interessante, e tutto andrebbe a posto. Tutti ci siamo cascati. Poi, a poco a poco, intacchiamo la maggior parte dei vari “se solo”: “se solo avessi questo, se solo avessi quello, la mia vita sarebbe migliore”. Nessuno di noi ha ancora esaurito i suoi personali “se solo”. Prima incominciamo a rimuovere i più grossolani, per sostituirli con forme più raffinate. Infine, continuando a cercare all’esterno la cosa che ci renderà completi, approdiamo a una disciplina spirituale. Purtroppo, trasferiamo anche qui la stessa modalità» (2). E poi? E poi, non accade nulla. Nada de nada. Nisba. La trappola in cui cadiamo tutti è cercare al di fuori di noi la soluzione a problemi che noi stessi abbiamo creato. Tutto questo meccanismo perverso è il motore principale dello stress. Lo stress non è una malattia, casomai è la conseguenza di un atteggiamento sbagliato che facilmente diventa patologico.
Nonostante i miei studi delle filosofie orientali, i miei viaggi in Giappone, la mia pratica, le sedute di meditazione, le arti marziali e i tentativi di applicare lo Zen a tutte le cose, posso dire di non aver mai compreso veramente nulla dello Zen fino a quando non ho avuto Lulù accanto a me. Vivendo con lei, ho potuto osservare il suo approccio alla vita, ho compreso quale sia il corretto atteggiamento. Lulù non faceva meditazione: tutto ciò che faceva era Zen. Oggi, a chi mi chiede quale sia stato il mio maestro, posso rispondere con orgoglio: «La mia gatta». Ma se non amate gli animali, o siete allergici, o proprio non potete permettervi di averne uno, allora va bene anche cominciare da un libro. In fondo, molte terapie di oggi, dalla psicanalisi alle ultime trovate commerciali americane come la Mindfulness, si basano sulle parole. L’importante è non scambiare lo Zen per una medicina. Anzi, per farvi un dispetto, in questo libro verrà trattato proprio come tale, per disabituarvi al vizio assai diffuso di piegare qualsiasi nuova conoscenza alle proprie abitudini e ai propri desideri. Se poi volete insistere a vederlo in questo modo, allora diciamo che lo Zen non è soltanto un farmaco, è anche un percorso terapeutico, uno stile di vita, una terapia psicanalitica, una medicina preventiva, un approccio dietetico, una pratica di purificazione, un potente antidolorifico, e tante altre cose tutte insieme. Potete decidere che lo Zen debba essere per voi una sola di queste cose ma, in questo modo, non arriverete mai a comprenderne l’essenza, rincorrendo illusioni New Age o auto-ingannandovi con trappole dialettiche. Rispetto a tutto questo, siete fortunati a essere nati in questo secolo: i maestri antichi avrebbero sciolto i vostri nodi dialettici a suon di bastonate. Oggi, di quel gesto, resta solo la forma nei lievi e compassionevoli colpi di kyosaku (3) somministrati ai praticanti da chi guida la seduta di meditazione. Ma la sostanza dello Zen resta tutta nel carattere severo della pratica, severo come e forse più della psicanalisi freudiana, seppure alleggerito dall’uso costante di paradossi, di provocazioni in forma di indovinello, che però non lasciano scampo. Lo Zen è abbastanza destabilizzante da far preferire alla massa forme più “comode” di buddhismo che gratificano l’Ego anziché cominciare subito a demolirlo mettendolo in difficoltà. Ma voi, se volete guarire, non fate come fanno i bambini. Provate per una volta la medicina amara. Potreste scoprire che non solo fa bene, ma in realtà è anche buonissima.


1  Charlotte Joko Beck (1917-2011), prima maestra Zen occidentale della scuola Sanbo Kyodan (三宝教団, letteralmente “Scuola dei Tre Tesori”, che coniuga insegnamenti Sōtō e Rinzai), fondatrice della Ordinary Mind Zen School a San Francisco e autrice di Zen quotidiano (Ubaldini Editore, Roma 1991), uno dei testi che più hanno contribuito a far conoscere lo Zen in Occidente.


2  Joko Beck C., Zen quotidiano, op. cit., p. 13.8

3  Bastone piatto usato da chi guida una seduta di meditazione Zen per sciogliere la contrazione muscolare




lunedì 2 ottobre 2017

Schegge Budo e Zen - 2 ottobre 2017
























"I perdenti sono le persone che più mi affascinano. Per me dietro ogni barbone si nasconde un eroe. Solo queste persone dimenticate riescono, come dice il poeta Álvaro Mutis, 'a consegnare alla morte una goccia di splendore'. È la fuga dal branco che ci porta a maturare spiritualmente. Così la solitudine diventa una possibilità di riscatto. E forse la vita, più che una corsa verso la morte, è una fuga dalla nascita."

Fabrizio De Andrè


"Il ferro è pieno di impurità che lo indeboliscono; forgiandolo diventa acciaio e può essere trasformato in una spada tagliente e affilata. Gli esseri umani si trasformano allo stesso modo."

Morihei Ueshiba Sensei





"Lasciato il monastero del Bianco Loto,
ho vagato liberamente da un luogo all'altro.
Il bastone è stato sempre il mio compagno;
la mia veste è ridotta a brandelli.
Di notte, ascolto il rumore della pioggia;
a primavera, gioco a palla per le strade.
Se qualcuno mi chiede come vivo,
gli rispondo che sono in pace con tutti."

Daigu Ryōkan


"Zazen all'alba nel dōjō
Gocce di pioggia sul tetto
Accarezzano le nostre illusioni."

Paolo Taigō Spongia Sensei


"Torna leggera
questa notte la neve.
Non è la stessa."

Monica De Marchi