lunedì 31 ottobre 2016

Bun Bu Ryodo al Tora Kan Zen Dojo - Incontro con l'artista Marco Fioramanti


Ieri sera al Tora Kan Dōjō si è tenuto l'incontro 'Bun Bu Ryodo' a cura della Sezione di studio e Pratica Zen del Dojo.
L'incontro ha visto protagonista l'artista Marco Fioramanti che ha parlato appassionatamente della sua Arte, vissuta come pratica, nelle sue molteplici forme espressive.
Ringraziamo Marco Fioramanti perché ancora una volta ci ha consentito di rimarcare il legame che intercorre tra la nostra disciplina e il mondo artistico a tutto tondo, e ci ha mostrato, con la sua particolare esperienza di vita, l'imprenscindibile importanza della passione e dell'entusiasmo alla base di ogni vera pratica autentica.
Queste le parole con cui Sensei Paolo Taigō Spongia, insegnante del Tora Kan Dōjō ha introdotto la serata e presentato Marco Fioramanti:
 
"Vi do il benvenuto al Tora Kan Dojo, specie a chi mette piede per la prima volta nella nostra Scuola che quest’anno celebra trent’anni di vita appassionata.
Quest’incontro è organizzato a cura della Sezione di Studio e Pratica Zen del nostro Dojo e si inserisce nell’ambito delle lezioni che abbiamo denominato ‘Bun Bu Ryōdo’.
Bun, sta per cultura, letteratura, ovvero la coltivazione della mente e del cuore, Bu, sta per guerriero, formazione guerriera, Ryōdo significa sono complementari.
Ringrazio Marco per aver accettato il nostro invito e averci onorato con la sua presenza.
Marco Fioramanti è un artista interdisciplinare.
Sperimenta nelle sue creazioni artistiche differenti materiali, attingendo a simbologie e riti, recuperando segni, componenti e riti d'iniziazione delle culture extra-europee.
La sua espressione artistica si esprime in differenti ambiti: dalla pittura alle installazioni, performance, teatro, poesia ed editoria (è art director in una casa editrice ed ha una rivista d'arte lui stesso, NIGHT ITALIA, glamour/underground, referente europeo della rivista newyorkese NIGHT Mag di Anton Perich con Andy Warhol)
Proprio la sua attività editoriale ha offerto l’occasione del nostro incontro.
Marco mi contattò qualche anno fa per chiedermi di scrivere un articolo per il numero 7 della sua splendida rivista d’arte avendo saputo riconoscere nella pratica che si svolge tra queste mura una forma d’arte. Ne fui lusingato ed onorato e conoscendoci meglio capii anche cos’era che legava le nostre reciproche esperienze.
Il filo conduttore del suo lavoro artistico può essere identificato nello svelare l’alone metafisico che avvolge ogni gesto quotidiano, e il gesto artistico che diventa parte dell’azione quotidiana.
Così nella pratica Zen ogni gesto quotidiano richiama ad una dimensione che lo ricollega all’ordine universale.
Anche l’azione più intima e apparentemente banale richiama l’espressione di una mente cosmica non ridotta alle egoistiche esigenze del singolo.
Espressione dell’essere e del fare che lo Zen definisce come ‘il modo infinito di fare cose finite’.
Il gesto quotidiano diventa dunque partecipazione dell’uomo alla continua creazione del mondo.
Affinare il gesto diventa dunque arte, la vita stessa come opera d’arte.
L’altro aspetto che lega la ricerca artistica di Marco con la nostra pratica è la ‘disciplina’ , la ricerca della pienezza attraverso la pratica quotidiana.
Nello Zen si afferma: Shū Shō ichinyō : Pratica e realizzazione coincidono.
Il suo legame artistico nello specifico legato al Giappone avviene attraverso l'elaborazione del giardino zen e la pratica degli Haiku.
Scrissi questa dedica a Marco in occasione dell’uscita del numero 10 di night Italia a lui dedicato:
“L'uomo moderno ha barattato la magia del mondo per un pò di sicurezza mettendo così a tacere la sua paura di fronte al mistero. Solo i poeti hanno ormai accesso alla voce delle cose. Marco Fioramanti è un poeta/sciamano che si fa interprete e testimone del silenzio così gremito di richiami ed ha il coraggio di fare quel passo avanti verso l'ignoto che solo permette la libertà del cuore.”
 
Questa sera Marco ci racconterà come nascono i suoi lavori, le sue performance, e in particolare la costruzione dei suoi haiku."
 
 
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venerdì 21 ottobre 2016

Sensei Chris Larken 1953 – 2016 (ITA - ENG)

Okinawa - Budo Sai 2016
Appena ho incontrato il mio Maestro ad Okinawa nel luglio scorso, tenendomi la mano mentre mi salutava mi ha confidato: 'Sensei Chris (Capo Istruttore d'Australia) è venuto ad allenarsi con noi, i medici gli hanno dato una settimana di vita ed è qui con noi per praticare, ha fatto una chemio qualche giorno fa a Tokyo'.
Mi sono allenato con Sensei Chris tutta la settimana ed è stato per tutti noi un esempio straordinario. Si è allenato con grande impegno senza mai perdere una battuta, senza risparmiarsi, brevissime pause per riprendere fiato poi di nuovo sul parquet del Budokan... Osservava con estrema attenzione ogni spiegazione del maestro ripetendo ogni gesto come se avesse la prospettiva di perfezionarlo ancora per anni ed anni.
Ci siamo scattati questa foto insieme l'ultimo giorno di pratica, scherzando e ridendo sul fatto che aveva adottato il mio stesso look per la capigliatura.
Sapevamo entrambi che sarebbe stata l'ultima volta...
Sensei Chris si è spento oggi, forse era venuto ad Okinawa per morire durante la pratica insieme a tutti noi e al suo amato Maestro e la malattia, confusa dalla sua determinazione, gli ha concesso ancora 3 mesi di vita.
La sua presenza al Budo Sai è stato un dono inestimabile per tutti noi.
Caro Chris a te e alla tua famiglia va il mio pensiero e la mia gratitudine per gli anni di pratica condivisa e per quest'ultima battaglia che hai voluto combattere insieme a noi offrendoci l'esempio di come muore un guerriero.
Che la terra ti sia lieve.
Paolo Taigō Spongia
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As I met my Teacher in Okinawa last July he took my hand in his hands and told me: 'Sensei Chris (Australia joint Chief Instructor) come to train with us, the doctors gave him just 1 week of life and he is here with us to practice...'
I trained with Sensei Chris all the week and he has been an Amazing example for all of us. He trained with great commitment without loose any moment of the lessons, short breaks to take a breath and again on Budokan's parquet to sweat. Observing with extreme attention every explenation of the Teachers repeating every movement like if he should have the prospect to repeat and perfection that movement for many years to come...
We took this picture in the last day of training, joking and laughing about the fact that he had to adopt my same hairstyle.
We both knew that was the last time...
Sensei Chris passed away today.
May be he decided to come to Okinawa to die during training together with all of us and his loved Teacher and the illness, confused by his great determination, offered him other 3 months of life.
His presence at Budo Sai has been an invaluable gift for all of us.
Dear Chris my loving thought go to you and your family and to you goes my gratitude for all the years of shared practice and for your last battle that, someway, you wanted to fight with all of us offering us the example of a warrior's death.
May you rest in peace in the loving memory of your family and all of us.
Paolo Taigō Spongia

Sensei Chris Larken, 7° Dan &  Capo istruttore d'Australia.

giovedì 6 ottobre 2016

La vita non è un tragitto - Life is not a journey (ITA - ENG)

Pubblichiamo un brano molto suggestivo di Alan Watts. Per chi volesse abbiamo pubblicato dello stesso autore anche una lettura sullo Zen.



L'esistenza, l'universo fisico è fondamentalmente giocoso. Non risponde a nessuna necessità. Non va da nessuna parte. Voglio dire, non ha una destinazione da raggiungere.
Questa cosa può essere meglio compresa attraverso l’analogia con la musica. Perché la musica come forma d’arte è essenzialmente ludica.
In inglese diciamo infatti, “you play the piano” non “you work the piano”.
Perché? La musica è diversa per esempio dai viaggi in macchina. Quando guidi infatti stai cercando di arrivare da qualche parte. Nella musica invece non si crea la ‘fine della composizione’, il termine della composizione. Se fosse così, gli interpreti migliori sarebbero i più veloci. E ci sarebbero compositori che creerebbero solo finali. La gente andrebbe ai concerti solo per sentire gli accordi di chiusura, perché questa sarebbe la fine e il fine della musica!
La stessa cosa accade con la danza. Non stai mirando ad un punto particolare della stanza, dove vuoi arrivare. Il punto centrale del danzare è la danza stessa.
Non ci accorgiamo che in questo modo di vedere c’è qualcosa che ci portiamo appresso dal nostro sistema educativo.
Abbiamo un sistema scolastico infatti che ci da un impressione completamente differente.
E’ tutto graduato e quello che facciamo è mettere i bambini nel corridoio di questo sistema graduato e richiamarli come si fa con i gattini “vieni bel micino”.
E tu passi attraverso gli anni dell’asilo ed è una gran cosa perché alla fine sei ammesso alle elementari.
Il primo “vieni avanti” conduce al secondo grado e così via. Così concludi le scuole primarie ed entri alle superiori. A colpi di acceleratore ci avviciniamo, è ora di andare all’Università. E alla fine con la laurea sei finalmente pronto ad entrare nel mondo.
Poi magari ti introduci in qualche giro d’affari dove devi vendere assicurazioni. E loro hanno quelle quote da raggiungere, tu devi raggiungerle.
E tutto il tempo la cosa sta per arrivare, sta per arrivare eccola quella grande cosa che aspetti. Il successo per il quale stai lavorando.
Così ti svegli un giorno a quarant’anni e dici “O mio Dio sono arrivato. Sono là, finalmente”. E non ti senti molto diverso da come ti sei sempre sentito.
Guardate alle persone che vivono per il pensionamento, per mettere da parte i risparmi. E arrivati a 65 anni non gli rimane altra energia. Sono impotenti. E si vanno a rinchiudere in qualche comunità di anziani.
Ci siamo presi in giro per tutto il tempo.
Se abbiamo pensato alla vita in analogia ad un viaggio in macchina, ad un pellegrinaggio, che ha nella meta il suo scopo, il suo scopo è proprio quello di raggiungere la fine. Il successo, o qualsiasi altro scopo, anche il paradiso oltre la morte.
Ma ci siamo persi il senso di tutto questo lungo la strada.
Era qualcosa che aveva a che fare con la musica, e avresti dovuto suonare o ballare finché la musica veniva suonata.
ENGLISH VERSION
The existence, the physical universe is basically playful. There is no necessity for it whatsoever. It isn’t going anywhere. That is to say, it doesn’t have some destination that it ought to arrive at.
But that it is best understood by the analogy with music. Because music, as an art form is essentially playful. We say, “You play the piano” You don’t work the piano.
Why? Music differs from say, travel. When you travel you are trying to get somewhere. In music, though, one doesn’t make the end of the composition. The point of the composition. If that were so, the best conductors would be those who played fastest. And there would be composers who only wrote finales. People would go to a concert just to hear one crackling chord… Because that’s the end!
Same way with dancing. You don’t aim at a particular spot in the room because that’s where you will arrive. The whole point of the dancing is the dance.
But we don’t see that as something brought by our education into our conduct.
We have a system of schooling which gives a completely different impression.
It’s all graded and what we do is put the child into the corridor of this grade system with a kind of, “Come on kitty, kitty.”
And you go onto kindergarten and that’s a great thing because when you finish that you get into first grade.
Then, “Come on” first grade leads to second grade and so on.
And then you get out of grade school and you got high school.
It’s revving up, the thing is coming, then you’re going to go to college…
Then you’ve got graduate school, and when you’re through with graduate school you go out to join the world.
Then you get into some racket where you’re selling insurance.
And they’ve got that quota to make and you’re gonna make that. And all the time that thing is coming – It’s coming, it’s coming, that great thing. The success you’re working for.
Then you wake up one day about 40 years old and you say, “My God, I’ve arrived. I’m there.” And you don’t feel very different from what you’ve always felt.
Look at the people who live to retire; to put those savings away. And then when they’re 65 they don’t have any energy left. They’re more or less impotent. And they go and rot in some, old peoples, senior citizens community. Because we simply cheated ourselves the whole way down the line.
If we thought of life by analogy with a journey, with a pilgrimage, which had a serious purpose at that end, and the thing was to get to that thing at that end. Success, or whatever it is, or maybe heaven after you’re dead.
But we missed the point the whole way along.
It was a musical thing, and you were supposed to sing or to dance while the music was being played.