giovedì 28 settembre 2017

Il Segreto del Budō

Kyu Shin Ryu, la scuola per dirigere lo spirito. Calligrafia di Deshimaru Roshi
Kyu Shin Ryu, calligrafia di Deshimaru Roshi


Un giorno, nell'epoca Tokugawa, un samurai, grande maestro di kendo, volle scoprire il vero segreto della sua arte. A mezzanotte si recò al santuario di Kamakura, salì i numerosi gradini che portavano al tempio e rese grazie al dio del luogo, Hachinam, un grande bodhisattva divenuto, in Giappone, il protettore del Budo. Ridiscendendo i gradini, intuì davanti a sé, sotto un grande albero, la presenza di un mostro. D'istinto sguainò la spada e l'uccise all'istante, inconsciamente. Il bodhisattva
Hachinam non gli aveva rivelato il segreto del Budo, ma grazie a questa esperienza, sulla via del ritorno, comprese. L'intuizione e l'azione devono scaturire nel medesimo istante; non è permesso pensare nella pratica del Budo. Quando si agisce, intenzione e azione devono essere simultanee. Se ci si chiede: «Il mostro è là, come ucciderlo?», se si esita, è il solo cervello frontale a entrare in azione. Cervello frontale, talamo, ossia cervello profondo, e azione devono coincidere, agire nello stesso istante. Come il riflesso della luna che non rimase mai fermo sull'acqua fluente, mentre l'astro splende alto nel cielo, immobile. Questa è la coscienza hishiryo.
Quando, durante zazen, esorto a rimanere perfettamente immobili, questo, di fatto, significa che non bisogna indugiare sui pensieri, ma lasciarli fluire. Rimanere immobili significa, in realtà, non esser fermi, non indugiare. È come una trottola che gira: può apparire immobile, e invece ruota vorticosamente. Non se ne può osservare il movimento che all'inizio e alla fine, quando progressivamente rallenta. Così la naturalezza nel movimento è il segreto del kendo, la Via della spada. Ed è il segreto del Budo e dello Zen.
Questo stesso spirito vive in tutte le arti marziali, qualunque siano le loro differenze tattiche e tecniche. Così, il judo (ju: dolcezza; do: via) è la via della cedevolezza (yawara). Il maestro Kano ne fu il fondatore dopo la rivoluzione Meiji. I samurai, quei feroci guerrieri, apprendevano lo yawara, la tecnica della dolcezza. In Giappone i samurai dovevano imparare sia le arti della guerra che quelle della vita civile. Dovevano studiare il Buddhismo, Lao-tzu, Confucio e, nello stesso tempo, apprendere il judo, l’equitazione, il tiro con l’arco. Nella mia infanzia ho imparato lo yawara dal mio nonno paterno. Quello materno era invece dottore in medicina orientale. Ho così compreso, a poco a poco, che le arti marziali e lo Zen hanno un unico sapore, e che la medicina orientale e lo Zen costituiscono un'unità. Kodo Sawaki diceva che il loro segreto è Kyu Shin Ryu, «l'arte di dirigere lo spirito».


Tratto da 'Lo Zen e le Arti Marziali' di Taisen Deshimaru Roshi

© Tora Kan Dōjō


lunedì 25 settembre 2017

Schegge Budo e Zen - 25 settembre 2017





















"Di solito si commette l'errore di pensare che sospendere il nostro abituale modo di pensare significhi arrestare il flusso di pensieri, il che non è possibile. Il punto è invece quello di invertire la direzione del movimento del pensiero, che abitualmente è orientato al contenuto, verso il sorgere dei pensieri stessi."

F. Varela



"Quando fermiamo il corpo, il chiacchiericcio mentale sembra più sonoro. Quando fermiamo il chiacchiericcio mentale, la costante agitazione cognitiva, possiamo sperimentare una spaziosità che ci offre un’occasione di vivere la nostra vita in maniera radicalmente nuova e appagante. Non possiamo essere felici senza spazio per il silenzio. Lo so grazie all'osservazione diretta e all'esperienza, non ho bisogno che me lo dica il macchinario di un neuroscienziato. Quando vedo passare qualcuno a piedi, in genere riesco a stabilire se è felice o non felice, tranquillo o non tranquillo, amorevole o non amorevole. Senza silenzio non stiamo vivendo nel momento presente, e questo momento è la nostra chance migliore di trovare la felicità."

T. Nhat Hanh





"Nel cielo gli uccelli sono svaniti,
E ora anche l’ultima nuvola si dissolve.
Sediamo insieme, la montagna ed io,
Fino a che solo la montagna rimane."

Li Po



"Un allievo può frequentare tanti anni un maestro senza mai entrare nel vivo di una relazione di apprendimento e rimanere sempre 'tangente' senza implicarsi mai, senza accettare il 'rischio' della relazione e della vera Pratica. Pare che lo stesso Buddha dicesse: 'Un uomo può stare vicino ad un Maestro una vita senza essere mai stato davvero un allievo, senza mai essere toccato profondamente... come un cucchiaio che può essere immerso nella minestra per anni senza sentirne mai il sapore."

P. Taigō Spongia Sensei






"La pratica quotidiana è una continua conquista di qualcosa che è già dentro di noi ma che dobbiamo ri-scoprire."

Alessandro della Ventura





© Tora Kan Dōjō


venerdì 22 settembre 2017

Cadono i Fiori di Ciliegio al Vento di Primavera


Lettere scritte da Kamikaze giapponesi ai loro familiari 
prima dell’ultima missione…





Alfiere Teruo Yamaguchi della 12° Flotta Aerea

Padre amato,
la morte si avvicina e il mio unico rimpianto è di non aver fatto nulla per te nella mia vita.
Mi hanno prescelto del tutto inaspettatamente come pilota d’assalto e oggi stesso partirò per Okinawa. Una volta ricevuto l’ordine per questa missione senza ritorno, non ho avuto che un desiderio: adempiere nel miglior modo possibile al mio ultimo dovere. Eppure, il sentimento che mi lega a questa meravigliosa terra che è il Giappone non m’abbandona. È un segno di debolezza da parte mia?
Non appena ho saputo che il momento della mia fine era vicino, la prima immagine che mi si è presentata alla mente è stata quella dei vostri volti, il tuo, quello della mamma, della nonna, dei miei più cari amici. È un grande conforto per me il pensiero che voi tutti mi vogliate coraggioso. Lo sarò! Giuro che lo sarò!
Il servizio militare non mi ha lasciato dei bei ricordi: la vita militare è una vita fatta di rinunce e di sacrifici; non la si può dire certo piacevole. L’unico motivo per cui non posso considerarla priva di senso è che essa mi offre la possibilità di morire per il mio Paese. E se il morire può sembrare amaro è solo perché, prima di entrare in servizio, ho potuto provare la dolcezza della vita…
Anche Okinawa è Giappone. Una voce dentro di me mi ammonisce a compiere il mio dovere: sconfiggere il nemico che fa violenza alla nostra patria. Quando il mare intorno a Okinawa mi accoglierà come una tomba potrò rivedere la mamma e la nonna. Di fornte alla morte non mi coglie né rimpianto né timore. Faccio voti solo per la felicità tua e di tutti i nostri compatrioti.
Il mio unico grande rimpianto lasciando questa vita è di non averti mai saputo chiamare chichiue (venerato padre); di non averti dimostrato in alcun modo il profondo rispetto che sempre ti ho portato. Tu non ci sarai nel momento del tuffo finale, ma sii certo che la mia ultima parola sarà chichiue e che il mio ultimo pensiero sarà rivolto a tutto quello che tu hai fatto per me…
Tutto ciò che possiedo lo lascio a voi. Abbi cura, ti prego, delle mie sorelle.
Una sconfitta, nella storia di un paese, non significa la sua rovina. Che tu possa vivere ancora a lungo! Sono certo che un nuovo Giappone sta per sorgere; per questo la nostra gente deve frenare la sua volontà di morte.
Ti saluto tenera
mente.
In procinto di partire,
Teruo

Senza riguardo per la sua vita e il suo casato, un Samurai saprà difendere la sua patria.


Sottufficiale Isao Matsuo del 701° gruppo aereo

Cari genitori,
congratulatevi con me, perché mi è stata offerta una splendida opportunità per morire.
Questo è il mio ultimo giorno di vita. La sorte della nostra Patria è affidata tutta alla battaglia decisiva che ci attende sui mari del sud,in cui io cadrò come cade un fiore da uno smagliante ciliegio.
Sarò uno scudo per Sua Maestà e così morirò,semplicemente,assieme al capo della squadriglia e agli altri amici. Vorrei essere nato sette volte,ogni volta per sconfiggere il nemico.
Con quale gratitudine accetto questa possibilità che mi è data di morire da uomo! Vi sono profondamente riconoscente per avermi allevato con tanto amore e con tanta cura. E non solo a voi sono grato, ma anche al mio caposquadra e ai miei ufficiali superiori, che mi hanno trattato come un figlio e mi hanno addestrato con la massima cura.
Grazie, cari genitori, per i 23 anni durante i quali mi avete seguito con il vostro amore e i vostri consigli. Spero che l’azione che sto per compiere vi ripaghi almeno in piccola parte di tutto quanto avete fatto per me. Il mio ultimo e unico desiderio è che voi pensiate di me tutto il bene possibile e sappiate che il vostro Isao è morto per la Patria.
Tornerò in spirito ad assistervi durante le vostre visite al Tempio di Yasukuni. Abbiate cura di voi.
Grande è la gloria dell’Unità Giretsu del Corpo Speciale di Attacco, che sferrerà l’assalto contro il nemico coi suoi bombardieri Suisei. Forse avrete la ventura di vederci in qualche cinegiornale: sono infatti venuti qui degli operatori a filmarci.
Siamo 16 guerrieri alla guida dei bombardieri. Possa la nostra morte essere repentina e limpida come un cristallo che va in frantumi.
Scritto a Manila, alla vigilia dell’attacco.
Isao

Sfrecciando nel cielo dei mari del Sud, è bello morire come scudi di Sua Maestà. I fiori di ciliegio risplendono quando si schiudono e cadono

Cadetto Jun Nomoto del gruppo aereo “Himeji”

La sua lettera, dettata in fretta a un compagno, e preceduta da alcuni appunti


L’uomo non è altro che un essere mortale; la morte, come la vita, è del tutto casuale. Eppure anche il destino vi ha la sua parte. Per l’impresa di domani conto di essere all’altezza della situazione. In ogni caso farò del mio meglio per tuffarmi a capofitto contro una nave nemica, per adempire al compito assegnatomi dal destino a difesa della patria. È giunta l’ora della partenza per me e per il mio amico Nakanishi. Nessun rimpianto. Ogni uomo, quando è arrivata la sua ora, percorre la strada prefissatagli dalla sorte.
Sin dalla formazione della nostra unità, alla fine di febbraio,siamo stati sottoposti a un addestramento intensivo. Ora, finalmente, è giunto il momento dell’attacco. Nel corso dell’ultima riunione organizzativa il comandante ci ha dato questo ammonimento: “Non cercate avventatamente la morte”. A me pare che tutto sia già segnato dal Fato.
Sono risoluto a perseguire il traguardo assegnatomi dal destino. Vi sono grato per essere stati sempre buoni con me. I miei 15 anni di studi e di educazione stanno per dare i loro frutti. Sono felice di essere nato nel nostro glorioso Paese.
Sono certo che la giornata di domani sarà coronata dal successo. Spero che anche voi condividiate questa certezza. L’ora della nostra partenza è stata fissata così d’improvviso che non avrò il tempo di scrivere l’ultima lettera ai parenti e agli amici. Vi sarò grato se scriverete voi per conto mio a queste persone,quando vorrete, per esprimere loro i miei sentimenti…
Genitori carissimi,
vogliate scusarmi se detto queste mie ultime parole a un amico. Non c’è più tempo per scrivere.
Non ho niente di particolare da dirvi; soltanto voglio che sappiate che, in questi ultimi momenti che mi restano, sto benissimo. Considero un grande onore essere stato scelto per questa missione. I primi aerei del mio gruppo sono già in volo, mentre un amico sta scrivendo queste parole appoggiandosi alla fusoliera del mio aereo. Non provo rimpianti, né tristezza. Fermo nel mio proposito, adempirò con animo sereno al mio dovere…
Che la mia ultima azione sia all’altezza dell’eredità lasciateci dai nostri antenati!
Addio!
Jun


Sottotenente Nobuo Ishibashi dei corpi speciali

Padre amato,
la primavera si fa sentire presto nel Kyushu meridionale: la natura in fiore offre uno spettacolo meraviglioso. Eppure, questi luoghi in cui sembrerebbero regnare la pace e la tranquillità sono un vero e proprio campo di battaglia.
L’ultima notte ho dormito bene, senza sogni. Oggi la mia mente è serena e la salute eccellente. Mi fa bene pensare che in questo momento siamo sulla stessa isola.
Ricordati di me, quando andrai al Tempio, e salutami tutti gli amici.
Nobuo

Alzandomi in volo per lanciarmi contro il nemico, il mio pensiero sarà rivolto alle immagini della primavera in Giappone.

Alfiere Ichizo Hayashi dei corpi speciali
Fu educato nella religione cristiana. La sua missione fu rinviata due volte e ogni volta Hayashi aggiunse un post scriptum alla sua prima lettera


Mamma carissima,
spero che tu stia bene. Sono stato assegnato all’Unità Shichisei dei Corpi Speciali di Attacco. Metà della nostra unità è partita oggi per Okinawa, dove si è lanciata sulle navi nemiche. La nostra partenza per la missione avverrà entro due o tre giorni, perciò è possibile che il nostro attacco avvenga proprio l’8 aprile, anniversario della nascita di Budda.
Per il momento ci riposiamo in un alloggio ufficiali sistemato in una scuola nei pressi della base aerea di Kanoya. Scrivo alla luce di un fuoco scoppiettante che abbiamo acceso perché qui manca la luce elettrica.
Il nostro morale è alto, anche per l’arrivo di notizie rassicuranti sul pieno successo riportato dai nostri compagni partiti prima di noi. La sera passeggio per i campi di trifoglio e molti ricordi del passato si affacciano alla mia mente…
Mamma, non rattristarti per causa mia. Sarà bello morire nel pieno dell’azione. Sono grato e felice per la possibilità che mi è concessa di morire in una battaglia decisiva per il destino del nostro paese…
Molti partono oggi per la missione senza ritorno: vorrei che tu fossi qui per vedere di persona quanto è alto il morale e come tutti sono sereni…
Nella nostra ultima missione indosseremo normali uniformi di volo e porteremo intorno al capo una fascia con il Sol Levante. Sciarpe bianche come la neve conferiranno un tono particolare al nostro aspetto.
Avrò con me anche la bandiera del Sol Levante che tu mi hai dato e sulla quale sono impressi,come sai, questi versi: “Anche se cadono in mille alla mia destra e in diecimila alla mia sinistra…”. Quando partirò, mamma, il tuo ritratto sarà sul mio petto accanto a quello di Makio-san.
Assesterò un duro colpo alla nave nemica e, puoi esserne certa,dei molti successi che riporteremo e di cui avrai notizia, uno senz’altro sarà da attribuire a me. Al pensiero che tu starai pregando per me, nel momento decisivo del tuffo finale saprò non perdere la calma e porterò a buon fine la mia missione, senz’ombra di esitazione o di timore.
Per l’ultima missione ci verrà data una razione di riso con fagioli cotti nel latte. La nostra partenza sarà così allietata da un buon pasto.
Al nostro prossimo incontro avremo molte cose da dirci, cose che è difficile dire per lettera. E tuttavia, nella vita, siamo stati così vicini che ci capiamo ormai anche senza parole. “Sto vivendo un sogno che domani mi strapperà dalla terra”. Ho come l’impressione, dicendo queste cose, che quelli che ieri sono partiti per la loro missione siano ancora vivi e possano capitare qui da un momento all’altro. Ma, ti prego, per quanto riguarda me, fa conto che quando morrò sarò morto davvero, per sempre. Come si suol dire, “lascia che i morti seppelliscano i morti”. È molto più importante vivere per i vivi…
Mamma, non voglio che tu ti addolori per la mia morte. Non importa se non potrai fare a meno di piangere. Piangi pure ma a testa alta. Ricordati che muoio per un nobile fine: la mia morte non deve amareggiarti…
Viviamo nello spirito di Gesù Cristo e nel suo spirito moriamo. Questo pensiero non mi lascia un momento. È bello vivere su questa terra, ma la vita ora mi appare futile. È tempo di morire. Non cerco ragioni per morire: cerco solo un bersaglio nemico. Temo soltanto di non essere stato degno di tutto l’affetto di cui mi hai colmato…
Mamma, ti precedo in Cielo. Prega perché io vi sia accolto: sarebbe per me un grande dolore essere escluso da quel paradiso in cui tu certamente sarai ammessa.
Prega per me.
Addio
Ichizo

“la notte è serena mentre mi aggiro per i campi di riso ascoltando il canto delle rane”. Durante la passeggiata di ieri sera non riuscivo ad allontanare questi versi dalla mia mente. Mi sono sdraiato in un campo di trifoglio e il mio pensiero è corso a casa. Al ritorno in caserma gli amici hanno sentito l’odore di trifoglio che mi era rimasto addosso e questo ha acceso anche in loro il ricordo della propria casa e della propria madre…
Già sono caduti i fiori dei ciliegi e ogni mattino mi lavo il viso nel ruscello che scorre qui vicino: queste due cose mi ricordano le acque ricoperte di fiori del ruscello che scorre vicino a casa nostra.
Sembra che la nostra partenza per la missione sia fissata per domani: il 10 aprile sarà così la data della mia morte. Se farai celebrare una messa in mia memoria, disponi anche per un lieto pranzo familiare…

Di ogni giorno ho pensato: “Questo sarà l’ultimo”. Ma, nella vita, non si può mai essere certi di nulla. È giunta la sera dell’11 aprile: il destino ha voluto che nemmeno questo fosse il mio gran giorno.
Augurati che oggi io sia stato fotogenico, perché sono venuti qui molti operatori e mi hanno scelto per riprendermi da solo in diverse pose. Più tardi, il Comandante in Capo di tutta la Flotta è venuto a salutarci solennemente nel nostro alloggio e si è rivolto a me per esortarmi a fare del mio meglio. Che grande onore per una persona umile come io sono, sentirsi rivolgere la parola da un uomo così importante! Il Comandante ha detto di credere fermamente che il destino della Nazione poggia sulle nostre spalle.
Oggi ci siamo riuniti intorno all’organo per cantare in coro degli inni.
Domani piomberò sul nemico senza fallire il colpo.


Alfiere Heiichi Okabe della 2° unità “Shichisei”

Il brano che segue è tratto dal suo diario



Finalmente sono venuto a far parte dei Corpi Speciali di Attacco. Nei prossimi 30 giorni mi sembrerà di vivere più pienamente la mia vita. Verrà infine la mia volta! Io e la morte siamo in attesa. L’addestramento è stato duro, ma ne è valsa la pena, se davvero possiamo morire degnamente per una causa.
Morirò avendo davanti agli occhi la lotta commovente della nostra Nazione. In queste ultime settimane la vita scorrerà con ritmo impetuoso verso il termine ultimo della mia giovinezza…
L’impresa è stata fissata per i prossimi dieci giorni. Io sono soltanto un uomo. Spero di non essere né un santo né un mascalzone, né un eroe né uno sciocco, ma proprio soltanto un uomo. Dopo aver cercato e indagato ansiosamente nel corso della mia vita, muoio rassegnato, con l’unica speranza che essa serva come “esempio umano”.
Il mondo in cui vissi era troppo pieno di discordia. Per essere veramente una comunità di individui razionali, andrebbe organizzato diversamente. In mancanza di una sola grande guida, ognuno dà libero sfogo al proprio essere in modo tale che l’unione di suoni diversi dà luogo a una dissonanza là dove dovrebbe regnare soltanto una concorde e melodiosa armonia.
Serviremo con gioia la nazione nella dolorosa battaglia del momento. Punteremo contro le navi nemiche nella ferma convinzione di ciò che è stato e sempre sarà il Giappone: un luogo in cui possono esistere solo accoglienti comunità, donne coraggiose e splendide amicizie.
Qual è il dovere di oggi? Combattere.
Qual è il dovere di domani? Vincere.
Qual è il dovere di sempre? Morire.
Come fiori di ciliegio – In primavera – Lasciateci cadere – Belli e Radiosi.


Cadetto Susumu Kijitsu della Squadriglia “Genzan”

Cari genitori, cari fratelli Takeshi e Hisoshi, cara sorella Eiko,
senza che voi lo sapeste io vi ho dato l’ultimo addio qualche giorno fa, sorvolando la vostra casa. L’ombra delle mie ali è passata sul tetto e tutti i miei pensieri sono stati per voi. So bene che l’ultima ora sta per giungere, ma non ho paura di morire. L’unica preoccupazione è che il mio gesto raggiunga lo scopo. Mi chiedo se potrò affondare una portaerei nemica. I miei compagni ed io ne parliamo spesso e siamo convinti che il nostro sacrificio sarà coronato da successo. Nessuno di noi è triste: ciò che più mi stupisce è il comportamento dei miei compagni volontari. Io penso e spero di essere come loro; siamo tranquilli, spesso scherziamo e passiamo il nostro tempo a leggere e a giocare a carte. Non pensate anche voi che con gente di questa tempra il Giappone supererà il triste momento per giungere al trionfo? Vi ricordo sempre, cari genitori, e mi sento triste solo al pensiero di non potervi testimoniare la riconoscenza d’avermi educato così bene. Mi consolo pensando di poter offrire la mia vita domani, o forse oggi stesso, all’Imperatore. Non farò che rendergli quanto mi ha dato. Non siate tristi, ma fieri per me: se il mio corpo sarà annientato, il mio spirito rimarrà eternamente vicino a voi.

Vostro Susumu





© Tora Kan Dōjō



lunedì 18 settembre 2017

Schegge Budo e Zen - 18 settembre 2017






















"Non è importante essere migliore di qualcun'altro, quanto essere migliori del giorno prima."

Jigorō Kanō Sensei



"Qua la terra, là il cielo. 
D'ora in avanti 
ogni giorno è un premio."

Kobayashi Issa





"All'entrata della casa di un Maestro del Tè è appesa una scritta con questa frase: Luogo dell'umiliazione.
Quando imboccate la Via del Tè, poco importa che siate messi in ridicolo, anche se ciò vi fa paura, perché non ne avrete né onta, né danno.
Commettete errori, suscitate biasimi; accettate d'essere ripresi e apprenderete."

Maestro Sen Sōshitsu XV



"Se lo Zen rappresenta solo una vostra esigenza e non la vostra occasione per restituire, offrire voi stessi, allora non è Zen. 
È difficile realizzare la virtù dello Zazen perché è nascosta e domanda sforzo, immotivato sforzo."

Paolo Taigō Spongia Sensei




“Spesso in musica si dice che il musicista bravo è quello che sa anche quando NON deve suonare; un discorso che vale, nella sua composizione tanto che abbia voglia di comunicare qualcosa che non.
Quei momenti di silenzio tra una nota e l’altra, tra una parola e l’altra, apparentemente ed erroneamente considerati come dei vuoti pericolosi in cui cadere, sono in realtà della musica muta, dei discorsi sottesi non manifesti che pesano tanto quanto quei momenti di palese comunicazione.
Il silenzio diventa momento di attesa, di curiosità da parte dell’ascoltatore, che dopo aver udito l’ultima nota e avendo abbracciato quel ‘nulla’, non lo teme…
Non c’è noia né stupore, solo consapevolezza che quel mutismo apparente vive di vita propria, ha una sua fisicità e ci prepara alla prossima nota o alla prossima parola tanto attesa.
Il silenzio diventa composizione, discorso o parte fondamentale di esso, poiché ne completa ogni gesto.
Accade e basta…
Accade e basta che in quel silenzio un vuoto ti sorprenda in grado di restare, e che improvvisamente, simile ad un lampo, quel vuoto non pensato ti faccia intuire profondamente il privilegio della vertigine del non sapere…
Sei qui, completamente, per la prima volta… non sai chi sei, o forse sei semplicemente appena nato.
Questa vita è davvero meravigliosa”

Monica De Marchi







© Tora Kan Dōjō





venerdì 15 settembre 2017

Il Burro e i Sassi





Un giorno un giovane si recò dal Buddha piangente e gemente. 
Il Buddha gli chiese: «Che cosa c'è che non va, giovane?».
«Signore, il mio vecchio padre è morto».
«Che possiamo farci? 
Se è morto, piangere non lo riporterà indietro».
«Sì, capisco; piangere non riporterà indietro mio padre. Ma sono venuto da voi con una richiesta speciale: per favore, fate qualcosa per mio padre morto!».
«Ma che cosa posso fare per il tuo povero padre morto?».
«Signore, vi prego, fate qualcosa. Siete una persona tanto potente, certamente saprete che cosa fare. Guardate questi preti, venditori di indulgenze e raccoglitori di elemosine che celebrano ogni sorta di funzioni e di rituali per aiutare i morti. Appena il rituale viene celebrato quaggiù, il cancello del regno dei cieli si apre e il morto può entrarvi, ottiene il visto d'ingresso. Voi, signore, che siete così potente, se celebrate un rito per mio padre morto, non solo lui otterrà il permesso di entrarvi, ma avrà la garanzia di potervi soggiornare a vita! Per favore, fate qualcosa per lui!».
Il poveretto era tanto sopraffatto dal dolore che non riusciva a sentir ragioni. Perciò il Buddha dovette usare un altro sistema per aiutarlo a capire. Così gli disse: «Va al mercato e compra due vasi di terracotta». Il giovane era molto felice, perché pensava che il Buddha avesse acconsentito a celebrare un rito per suo padre. Corse al mercato e tornò con due vasi. «Bene» disse il Buddha «adesso riempine uno di burro chiarificato (ghi)». Il giovane lo fece. «Riempi l'altro di sassi.» Il giovane obbedì. «Ora chiudili e sigillali bene». Il giovane fece anche questo. «E ora deponili nel laghetto laggiù». Il giovane eseguì, ed entrambi i vasi affondarono.
«Ora » disse il Buddha «prendi un bastone e fa a pezzi i vasi». Il giovane si rallegrò moltissimo, pensando che il Buddha stesse celebrando un rito meraviglioso per suo padre.
Secondo l'antica tradizione indiana, quando un uomo muore, il figlio ne porta il corpo sul luogo della cremazione, lo depone sulla pira e lo brucia. Quando il corpo è bruciato per metà, il figlio prende un grosso bastone e gli spezza il cranio. Secondo le vecchie credenze, non appena il cranio viene aperto quaggiù, in questo mondo, lassù il cancello del regno dei cieli si apre. Così, ora, il giovane pensava tra sé e sé: "Il corpo di mio padre è stato bruciato e ridotto in cenere ieri. Come un simbolo, il Buddha ora vuole che io rompa i vasi per aprirli!". Era molto felice di come si stava svolgendo il rito.
Impugnò con forza il bastone e, come aveva ordinato il Buddha, ruppe entrambi i vasi. Subito il burro chiarificato contenuto in uno di essi venne fuori e si sparse sulla superficie dell'acqua. I sassi contenuti nell'altro vaso, invece, uscirono e rimasero sul fondo. Allora il Buddha disse:
«Bene, giovane, questo è il massimo che posso fare. Adesso chiama i tuoi preti e operatori di miracoli e chiedi loro di cominciare a cantare e a pregare: "Oh, sassi, risalite, risalite alla superficie! Oh, burro, scendi, scendi sul fondo!". Fammi vedere se ci riescono».
«Oh, signore, perché mi prendete in giro? Com'è possibile? I sassi, più pesanti dell'acqua, sono costretti a restare sul fondo: non possono riemergere, questa è la legge di natura! Il burro chiarificato è più leggero dell'acqua, e quindi è costretto a rimanere in superficie: non può scendere, questa è la legge di natura!»

«O giovane, conosci tanto bene le leggi di natura, ma non hai capito questa legge naturale: se durante tutta la sua vita tuo padre ha compiuto azioni pesanti come sassi, è costretto ad affondare; chi può riportarlo su? E se tutte le sue azioni sono state leggere come questo burro chiarificato, è costretto a salire; chi può tirarlo giù?».

© Tora Kan Dōjō







lunedì 11 settembre 2017

Schegge Budo e Zen - 11 settembre 2017





















"Tra chi vince in battaglia mille volte mille nemici e chi soltanto vince sè stesso, costui è il migliore dei vincitori di ogni battaglia."

Shakyamuni Buddha



"Dove c'è disagio, c'è paura, quando ti trovi in queste dure posizioni, vivi in un angolo d'inferno. E attraverso questa sofferenza quotidiana, impari a sopravvivere in queste situazioni. Devi essere in grado di essere a tuo agio in situazioni di disagio. Devi essere capace di vivere nel tuo peggior incubo. L'arte marziale ti pone totalmente nel momento in cui devi essere completamente concentrato nel trovare la soluzione al problema. Questo allena la mente a sviluppare tale concentrazione, a migliorare la tua consapevolezza, la tua capacità di risolvere problemi.
A volte, non devi necessariamente vincere. Non puoi vincere. Ma questo non ha niente a che fare con l'essere sconfitto."

Rickson Gracie






"Un buddha non ha aspettative:
Accetta e gode ciò che c'è.
Le aspettative sono la causa principale della nostra sofferenza.
Le aspettative sono una pretesa che la realtà sia come la vogliamo noi ed è evidente che questo non può essere necessariamente. 
Non è colpa degli altri se le nostre aspettative vengono deluse.
Semplicemente noi dobbiamo smettere di farcele.
Nessuno ha il diritto di pretendere qualcosa dagli altri."

Giulio Cesare Giacobbe



"Nello Zen molto dell'Insegnamento passa attraverso il lavoro, ma oggi nessuno vuole più lavorare.
L'equazione lavoro = sfruttamento, lavoro = peso dell'esistenza a cui bisogna strappare con fatica spazi di 'tempo libero' per 'realizzarsi' perché il lavoro non realizza più.
È una mentalità malata, che fa paura, e una prospettiva dalla quale capire lo Zen è impossibile."

P. Taigō Spongia Sensei





"La leggerezza è ben altra cosa dalla superficialità. È un movimento che va in profondità alle cose, alle situazioni, tornando su fin quanto basta, laddove l'altra non ne ha alcun sentore." 

Alessandro della Ventura



giovedì 7 settembre 2017

Jizō o dei ciliegi che vegliano sui bimbi

Pubblichiamo un estratto dall'articolo tratto dall'interessantissimo blog di Laura Imai Messina: 'Giappone Mon Amour' che vi invitiamo caldamente a seguire e che ringraziamo.


Questo il link diretto all'articolo:


 <...>Il tempio Zojo-ji è circondato adesso da un rosa che si fa sempre più fino, impalpabile. Si inspessisce invece il verde e il marroncino. Sono gli steli che restano, le foglioline che sgorgano senza timidezza dopo il tripudio della fioritura dei ciliegi a fine marzo.
  Ne ho percorso lo scorso anno a maggio la superficie – con Ryosuke al mio fianco – andando verso la Torre di Tokyo per ammirare le carpe appese alle sue pendici nel Giorno dei Bambini. So perciò, scattando questa fotografia, cosa vi è sotto parte dei corridoi di chiome rosa.
  Sotto i ciliegi riposano decine e decine di Jizō, un sentiero ne è pieno su entrambi i lati, tutti in fila ordinatamente uno accanto all’altro. È un angolo dedicato ai genitori che hanno perso bimbi, agli aborti spontanei, ai piccini nati morti, alle complicazioni che ogni gravidanza comporta, a quelli che hanno accennato pochi passi o pochi anni prima di cadere.
 Un bavaglino, un copricapo, girandole che soffiano del vento che le investe. Frrrrr, frrrrrr suonano leggere. A volte il movimento rotatorio si fa più vivace, a volte accenna un giro e si placa all’improvviso.
  Su un bavaglino c’è scritto “capo” 社長, su un altro “il migliore del Giappone” 日本一, a volte pupazzetti ne accompagnano il viaggio e stanno accanto al piccolo tondo della testa, alla postura placida della pietra. In vasi fiori di visite antiche o recenti. Strisce che richiamano il nome della madre o quello della famiglia. Dall’alto i caratteri, cadendo verso il basso.
 I ciliegi vegliano su quelle delicate statuine dall’aspetto infantile ed è lieve il tocco dei petali su di loro. Scendono più radi in questa fase, ormai alleggeriti del carico della loro bellezza. Bellezza e tristezza, titolo di un celebre libro di Kawabata.
 E così mentre guardo altri bimbi correre sotto ai ciliegi cercando di intercettare il volo dei petali e di coglierne uno tra i palmi, mentre mi accorgo di quanto sia complesso, di quanta gioia scorra sui loro volti intenti, là d’un tratto capisco infine il simbolismo dei ciliegi per i giapponesi.
L’estrema bellezza e, insieme, la caducità. La straziante brevità della vita.

Il tempo consola?<...>


© Tora Kan Dōjō





lunedì 4 settembre 2017

Schegge Budo e Zen - 4 settembre 2017






















"Attraverso l'allenamento realizziamo che la rabbia è solo uno spreco di energia, che ha solo effetti negativi su di sé e gli altri."

Jigorō  Kanō Sensei



"Quando si è determinati, l'impossibile non esiste: allora si possono muovere cielo e terra. Ma quando l'uomo è privo di coraggio, non può persuadersene. Muovere cielo e terra senza sforzo è una semplice questione di concentrazione."

Hagakure



"Se non hai determinazione non può accaderti niente, non basta ascoltare le parole mie o di qualcun altro. Nel mondo sono esistite molte persone che hanno detto cose davvero valide: se fosse stato possibile che qualcosa accadesse solo grazie alle loro parole, adesso tutto il bene si sarebbe già manifestato. Nessuno può far niente per l'uomo, a meno che ciascun uomo sia pronto a fare qualcosa per il proprio bene. Nel viaggio spirituale senza il contenitore della determinazione non potrete mai raggiungere alcuna soddisfazione o appagamento..."

Osho, Ricominciare da sé



"Per trovarsi è necessario prima perdersi, brancolare nel buio.
Se non si vive questa perdita di riferimenti si cerca e trova solo quello che ci si aspetta di trovare e non è senz'altro quello di cui avremmo davvero bisogno."

P. Taigō Spongia Sensei



"Non potremmo aspettarci altra cosa che essere come sassi sulla riva di un fiume, siamo smussati da un'acqua che non è mai la stessa, né per purezza e nemmeno per impeto, ci trasformiamo, a piccole dosi, costantemente."

Monica De Marchi






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