lunedì 12 gennaio 2015

Le Arti Marziali come strumento di contatto

Saggio dimostrativo 2007 IOGKF Italia: dimostrazione bambini.
Riceviamo con piacere un interessante contributo dalla cintura nera shodan Domenica Pietrucci del Tora Kan Dojo, Psicologa clinica.

Questo articolo è finalizzato a mettere in evidenza i punti di contatto tra la pratica Marziale e la Psicoterapia. Essendo io una psicoterapeuta Gestaltista che pratica il Karate-do da anni, mi sono interessata con passione a questa tematica.
Durante la pratica al dojo avevo spesso intuito che alcuni esercizi in particolare potessero risultare estremamente efficaci in un contesto di terapia, quindi mi sono documentata scientificamente ricercando studi e pubblicazioni sull'argomento. Ho piacevolmente scoperto un vasto universo che metteva in evidenza l'efficacia delle arti marziali nella psicoterapia in svariate popolazioni cliniche. Inoltre, nella mia personale pratica terapeutica ho, con un pizzico di coraggio, gradualmente proposto degli esercizi mutuati dal contesto delle arti marziali. Secondo la Scuola a cui faccio riferimento (la Gestalt Psicosociale) esercizi e  tecniche stimolanti il corpo (ad esempio amplificare un determinato gesto, mettere in scena una situazione,  rappresentare con il corpo un'emozione) costituiscono un potente elemento di consapevolezza terapeutica, ed il loro utilizzo è fortemente consigliato. Mi è stato facile quindi integrare e adattare alcuni esercizi sul controllo del corpo e della respirazione nelle sedute di psicoterapia.
Come precedentemente accennato, i benefici della pratica delle Arti  Marziali in termini di equilibrio psico-fisico sono ben documentati nella ricerca scientifica. E’ un dato ormai acquisito che l’attività corporea, realizzata in percorsi strutturati (sportivi o non sportivi), determini molteplici benefici sul piano fisico. I vantaggi psicologici sono altrettanto ben documentati (Antonietti, 2010).
Nell’ambito delle Arti marziali, Bennet (2009) mette in evidenza come, la loro pratica, abbia degli effetti estremamente positivi riguardo la capacità empatica, una maggior consapevolezza dei propri bisogni e un generale aumento nella gestione dell’emozionalità negativa.
Secondo Bennet, la pratica marziale consente di:
- creare una positiva immagine di sé stessi (sperimentare le proprie capacità,valutare i propri progressi, aumento dell’autostima)
- acquisire consapevolezza della natura umana (interazione con altri, maturazione emotiva, uso di comunicazione non verbale, sperimentare l’empatia, prendersi cura dell’altro)
- sperimentare relazioni significative (rapporti collaborativi, impegno per raggiungere una meta, rispetto della forma)
- usare la moderazione, il giudizio e il discernimento (riconoscere i valori etici che stanno dietro alle regole del vivere sociale)
- rafforzare il coraggio (ardimento, perseveranza, controllo delle reazioni).
Inoltre, benefici della pratica delle arti marziali in popolazioni cliniche quali bambini con ADHD, disturbo Oppositivo Provocatorio, Disturbi della condotta, Disturbi pervasivi dello Sviluppo, Disturbi inerenti all’area dell’ansia-depressione, è ben documentata nella ricerca (Luccherino et al.,2012).
Queste evidenze scientifiche mi hanno indotta ad ipotizzare che, nell'esperienza Psicoterapeutica, alcuni esercizi mutuati dalle arti Marziali possano essere estremamente efficaci per aiutare i pazienti a risolvere le proprie aree di problematicità.
In particolare,la Psicoterapia della Gestalt  si fonda sul principio secondo cui, un io armonico, debba essere in equilibrio con il proprio corpo e la propria mente e possa essere in grado di ascoltare i propri bisogni, centrando le energie esistenziali sul presente e superando così sia l’ancoramento verso il passato, sia le proiezioni verso il futuro.
L'importanza  del corpo nella terapia gestaltica, il coinvolgimento dei cinque livelli dell’esperienza (sensorio, corporeo, emotivo, cognitivo, immaginativo ed eroico) nell’ambito del benessere esistenziale percepito, il contatto autentico come strumento di cambiamento, la consapevolezza dei propri bisogni fondata sull’ascolto del proprio corpo come parte integrante del sé e non come elemento scisso, sono dati che creano un ponte solido tra pratica marziale e la Gestalt Therapy.
Alcuni semplici ma fondamentali esercizi caratterizzanti il Karate-do possono essere un efficace strumento per acquisire una maggiore consapevolezza e stabilità interiore,  favorendo l’ascolto del proprio corpo. Nella relazione terapeutica, la cura delle psicopatologie può avvalersi di questi efficaci strumenti.
Esercizi inerenti il controllo della postura, le contrazioni muscolari, la modalità di respirazione,e, in generale, il livello di attivazione fisiologica, permettono all'individuo di comprendere quanto egli si senta “radicato” al terreno. Nei disturbi d'ansia, ad esempio, è proprio la sensazione di perdere il controllo di sé e del mondo che causa la patologia. Riportare questi individui nel “qui ed ora” delle sensazioni corporee è quindi fondamentale.
Patologie quali i disturbi ansiosi, in  particolare il disturbo da attacchi di  panico, i disturbi depressivi, i disturbi  alimentari, i disturbi esternalizzanti  inerenti all’età evolutiva (deficit attentivo associato all'iperattività, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi della condotta) in cui il sentire corporeo è scarsamente strutturato, possono avvalersi del beneficio di esercizi mutuati dalla pratica del karate-do nel setting terapeutico. La modalità di respirazione che si attiva nel kata sanchin, il senso di radicamento a terra, il controllo sulla muscolatura e sulla postura, sono infatti degli strumenti terapeutici molto potenti.
Saggio dimostrativo 2007 IOGKF Italia: dimostrazione bambini.
Per quanto riguarda le modalità di interazione tra il sé e l'esterno,l'individuo che vive nella patologia interrompe il contatto sano ed autentico con l'ambiente. Infatti, nella Psicoterapia della Gestalt, le “resistenze al contatto” (introiezione, defelssione, retroflessione, confluenza e proiezione) sono appunto delle modalità cristallizzate di relazione disfunzionale che si mettono in atto e che causano patologia. Il confronto diretto che caratterizza le arti marziali implica un immediato disvelamento delle nostre modalità di contatto, in quanto la situazione di combattimento simulato mette l’individuo di fronte ad una ancestrale e primaria situazione di attacco-fuga che coinvolge direttamente dei pattern comportamentali automatizzati e figli delle esperienze pregresse. La situazione di combattimento ci mette di fronte alle nostre problematicità, permettendoci di acquisirne consapevolezza e di affrontarle.
In seguito riporto alcuni esercizi, ben noti ai praticanti di Arti Marziali, che possono essere proposti come  “esperimenti” nel setting terapeutico:

- Esercizio della mano-guida (due individui si trovano uno di fronte all'altro e uno dei due segue con il corpo i movimenti e gli spostamenti della mano altrui): sono disposto ad essere guidato e a guidare l’altro?
- Trovare l’equilibrio attraverso esercizi con un partner che implicano l’impegno comune per il raggiungimento della meta
- Il kakie (orizzontale e verticale): utilizzo la forza dell’altro, coordinandovi la mia forza in una danza di equilibrio-squilibrio
- Ude-Tanren e Tai Atari: colpisco e ricevo: come mi sento? (Focalizzarsi sulle sensazioni più immediate e loro elaborazione).
Ho citato esclusivamente alcuni dei tanti esercizi che possono essere mutuati dal Karate -do e inseriti nella pratica terapeutica. Personalmente talvolta propongo ai miei pazienti esperimenti simili durante l'ora di  terapia.
Sono molti i colleghi terapeuti interessati a questa tipologia di esercizi- esperimento: la scorsa estate (Sabato 12 luglio) ho personalmente condotto un workshop a Grosseto (presso la Scuola di specializzazione della Gestalt Psicosociale) sulle Arti Marziali e la Psicoterapia, illustrandone i punti di contatto e proponendo operativamente un modello che potesse integrare alcuni elementi della pratica Marziale nel setting terapeutico. Il seminario ha fortunatamente suscitato molto interesse e curiosità, tanto che mi è stato proposto di attivare un vero e proprio corso di formazione in riguardo.
Recentemente, presso l'Hombu dojo Tora Kan, ho tenuto un seminario di formazione per gli istruttori e gli assistenti di Dojo, mettendo in evidenza anche in questa occasione i punti di contatto fra queste due aree e come esse si possano integrare. In particolare ho evidenziato come la pratica Marziale possa essere un elemento terapeutico di per sé per tutti i praticanti. Risulta quindi importantissima la consapevolezza dell'imporatnza della pratica e dei benefici che se ne possono trarre.
Essendo io una Psicoterapeuta, praticante l'Okinawa Goju ryu karate-do dal 2005 fino ad ora, non posso che proseguire con ulteriore passione ed entusiasmo nell'approfondimento di tale studio, sperimentando operativamente i punti di contatto tra due mondi apparentemente così diversi ma che invece conducono alla stessa strada: il benessere soggettivo e la stabilità interiore. Quella che inizialmente è stata una mia intuizione (praticando nel dojo mi sono spesso chiesta: “ se proponessi un esercizio simile al mio paziente Iperattivo per lavorare sull'aumento della concentrazione e dell'autocontrollo? O se proponessi un esercizio sulla respirazione al mio paziente con disturbo Ansioso?) si è rivelata una certezza scientifica (sono molti gli articoli che mettono in evidenza i benefici della pratica marziale su popolazioni cliniche e non) e per me e molti altri colleghi, un'ulteriore ed efficacissima opportunità terapeutica.
Personalmente risulta interessante  notare come le due grandi passioni della mia vita magicamente confluiscano, e si siano incrociate in modo spontaneo e naturale. Spesso il destino descrive delle traiettorie che a noi basta solo osservare: la consapevolezza è appunto vivere il presente nel suo armonico fluire, permettendo al nostro io di danzare nella vita, in un continuo alternarsi di figure e sfondi.