venerdì 21 novembre 2014

Inside the Dojo - Impressioni di un principiante



Riceviamo dalla neo-cintura arancione Alessandro Della Ventura queste interessanti riflessioni che illustrano le emozioni del primo incontro con il luogo della pratica, della via, il luogo del Do.

Sensei Paolo Taigō Spongia al Torakan Dojo
Eccoci qui. Arrivati in un ambiente nuovo senza alcuna 'idea' di quello che ci aspetta. Già ad un primo sguardo il luogo sembra non assomigliare a nient'altro che abbiamo mai visto. Varcata la soglia si sente un'aria nuova, un profumo diverso di un luogo prezioso e quasi sacrale. Non è neanche lontanamente paragonabile all'ingresso in una normale palestra. C'è come un senso di mistero, di devozione, di tradizione ininterrotta che risuona per quei muri. E non sono i numerosi quadri appesi che risvegliano quella sensazione, ma è lo spirito di un clima nuovo e al tempo stesso familiare che ti accoglie e ti richiama a sè. Posi le tue scarpe all'ingresso e nonostante possa sembrare un gesto senza alcun significato, hai l'impressione che celi una certa rilevanza. E' come se ti apprestassi ad entrare al meglio in quel luogo, tralasciando i tuoi problemi, la tua "particolarità". Entri nel corridoio e il mistero ti assale. Hai il sentore che quel posto sia dotato di una vita propria, modellata dall'esperienza quotidiana di persone che con fatica perseguono un'idea. Ma non si può camminare trasognati per i corridoi e lasciar viaggiare la mente nei suoi percorsi contorti...La pratica sta per iniziare. Ti sposti nello spogliatoio e guardandoti sempre intorno non puoi non notare la cura con cui ogni particolare è disposto, e anche se c'è qualcosa fuori posto, il complesso risulta particolarmente affascinante, perchè trasmette lo spirito delle persone che sono entrate in contatto con quegli oggetti. Intanto che ti cambi cominci a pensare a cosa potrebbe aspettarti oggi, ad allenarti in uno sport nuovo e in un ambiente di cui hai sentito tutto e il contrario di tutto ma non sai bene in cosa potrebbe consistere la pratica. Pensi se ce la farai, se sarai veramente degno di prender parte a questo allenamento. Qualcuno entra nello spogliatoio e tra una parola e l'altra, noti come il suo fisico e la sua mente siano stati forgiati dalla pratica. Già questo suscita in te un misto di paura, di disagio, ma anche di stupore, di ammirazione. E' il momento di entrare nella vera e propria sala della pratica. Intorno quel mondo così diverso e ricco di una strana freschezza e genuinità. Entra il Maestro e tutti si dispongono su una linea per accoglierlo. Tu ti adegui di conseguenza. Sei già parte di quella linea, dal momento in cui hai varcato la soglia. Comincia una sorta di rito di apertura della pratica. Mai avresti immaginato che ci fosse ancora una tale concezione dell'esercizio così disciplinata, disposta, riconoscente e gratuita.
E tutta quest'amalgama di sensazioni non fa che crescere di momento in momento, così come la tua ammirazione per lo spirito di quel posto. Termina il saluto e il Maestro comincia a dare dei comandi in giapponese e ad eseguire tecniche di stretching, e tutti stanno al passo con i suoi comandi. Ehi un momento? Io sono nuovo. Non ho idea di cosa si debba fare. Perchè non c'è nessuno che mi spiega? Non ce la farò mai ad imparare così. Ho bisogno di indicazioni, di uno "schema" da seguire. Un attimo dopo esser stato sopraffatto da tutti questi arrovellamenti mentali, pensi di fare l'unica cosa in quel momento possibile. Adeguarti, stare al passo, entrare in quel "flusso" di cui fino a poco fa non sapevi neanche l'esistenza. E a poco a poco quella sensazione di disagio si affievolisce. Non esistono più i tuoi problemi. Non esisti più tu e gli altri. Esiste solo quel flusso che ti richiama a sè, e se ti lasci andare a quel flusso non avrai di che temere, perchè l'apprendimento arriverà, il corpo si adeguerà alla situazione. Ma naturalmente non è così semplice rimanere in quel fluire, perchè c'è sempre qualcosa che si frappone...un intruso che ha bisogno continuamente di rimanere attivo: è la mente. Chi è d'altronde che ha bisogno di indicazioni, di schemi rigidi per catalogare quello che di volta in volta ci si presenta?
Prima di venire ad allenarti avevi una miriade di idee di quello che ti sarebbe aspettato: esercizi mirabolanti, proiezioni, acrobazie...E mai avresti immaginato che il tuo esercizio fosse iniziato già da lì, che la necessità di crearsi un'idea di quello con cui ci si sarebbe imbattuti di lì a poco fosse l'impulso che ti spingeva a recarti in quel luogo e che il fine ultimo della pratica, il vero addestramento, fosse proprio coltivare la capacità di fare a meno di questi preconcetti. L'esercizio risiede nel combattere continuamente con la propria mente, con sè stessi. A ben vedere il vero nemico di ognuno. Ed è fondamentale ricordare che il nemico è sempre lì, dentro di noi, in questo lungo percorso sulla via (Dō), e che la via risiede in quel "fluire".
Un percorso lungo il quale si è sempre in cammino; perciò non ci si può mai sentire arrivati, ma bisogna riuscire a mantenere quello spirito da principiante. Shoshin, la mente del principiante.



 

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