domenica 25 settembre 2011

Il Cuore non si ferma mai


..Dopo aver tirato per tre anni da tre metri di distanza su un obiettivo di ottanta centimetri, venne il giorno nel quale volle dimostrare al suo Maestro dì aver imparato la lezione e, dopo le cerimonie di ufficio, che vanno rigorosamente rispettate in tutte le arti marziali asiatiche, venne il momento di tirare.
«Non avevo ancora raggiunto l'altezza giusta in cui il dardo, ad arco pienamente teso, sfiora orecchio e guancia, che venivo interrotto dalla voce potente del Maestro: "alt!". Sorpreso ed un tantino indispettito dall'interruzione nel momento di massimo raccoglimento, abbasso l'arco. 
Il Maestro mi toglie l'arco dalle mani ed avvolge una volta la corda intorno all'estremità dell'arco e me lo porge indietro sorridendo: "Prego, ancora una volta !". 
Ignaro ricomincio da capo, ripercorrendo la stessa sequenza di movimenti. Ma quando arriva il momento di tendere l'arco la mia arte si esaurisce. Adesso che l'arco è stato impostato con la doppia tensione le mie forze non bastano. Le braccia cominciano a tremolare, oscillo senza fine avanti ed indietro, la forma faticosamente acquisita va in malora, quando il Maestro comincia a ridere! Disperato mi sforzo un'altra volta senza speranza. E' un misero fallimento e nient'altro.
Devo aver avuto l'aria abbastanza arrabbiata perché il Maestro mi chiede: "Perché siete arrabbiato?".
"Perché ? Mi chiede anche perché! Ho provato per settimane e settimane e quando arriva il momento dì tirare mi interrompe senza che abbia neanche tirato!". 
Il Maestro ride di cuore ancora una volta, poi si fa serio e dice più o meno quanto segue: "Che cosa vuole veramente? Che lei ha raggiunto la forma che era suo compito apprendere in queste settimane l'ho capito già da come mi ha aperto la porta di casa. Ma accade così: quando una persona ha raggiunto una forma in se stesso nella sua vita, nel suo sapere o nel proprio operare, forma per la quale magari si è impegnato a lungo, può verificarsi una sciagura: che il destino gli conceda di fermarsi dove si trova! E allora se il destino gli è benigno, gli toglierà quel che ha conseguito prima che vi si fissi e vi si irriggidisca e operare in questo senso nell'esercizio è cosa del Maestro sapiente. Perché cos'è che preme? Non certo fare centro! Nel tiro con l'arco, come anche nell'apprendimento di qualsiasi altra arte, in fin dei conti non ha valore quello che esce fuori bensì ciò che viene acquisito dentro! Dentro ossia nell'interiorità dell'uomo. Anche l'esercizio finalizzato alla Prestazione esteriore serve al di là della prestazione, al divenire dell'uomo a livello interiore. E che cos'è che maggiormente ostacola questo divenire interiore dell'uomo? Il suo rimanere arenato a ciò che ha realizzato nel divenire! L’uomo invece deve tenersi agganciato all'evoluzione, tenere il passo con l'evoluzione senza fine!.
La voce del Maestro si era fatta seria e penetrante, In effetti il tiro giapponese con l’arco è cosa affatto diversa da uno sport divertente nel quale si gareggia nel “fare centro”. E’ una scuola di vita o, per usare  un termine moderno è una pratica esistenziale.
Naturalmente per prima cosa si deve imparare la tecnica materiale. Ma è quando si è giunti a padroneggiarla che comincia il lavoro essenziale, il lavoro instancabile su sé stessi. Come ogni altra arte, per il Giapponese il tiro con l’arco è solo un’occasione per penetrare nel profondo del proprio essere. Ma ciò non è possibile che seguendo la difficile via  della purificazione dell’Io vano e ambizioso, il quale, proprio col preoccuparsi della buona riuscita dell’azione esteriore ne pregiudica la perfezione.
Si riesce veramente solo quando si supera questo Io, quindi solo quando l’azione non si basa più su un “saper fare” diretto da una volontà ambiziosa bensì su un nuovo stato dell’essere. Il successo allora è il risultato di un  atteggiamento grazie al quale in noi si desta una forza più profonda, staremmo per dire sovrannaturale, che quasi senza una nostra partecipazione rende perfetto tutto ciò che si intraprende.”

Quando l'insegnante richiama al Giri, esorta a quella condotta che sola consente la comprensione della premessa alla percezione intuitiva di ciò che è giusto dalla prospettiva sopraordinata della vita. Se l'allievo muove obiezioni al Maestro, è perché fa riferimento alla differenza tra giusto e sbagliato che caratterizza il proprio ambiente contingente. Ma se non vi è fiducia tra i due, non vi sarà mai tra loro un punto di incontro. L'allievo di inclinazione prevalentemente razionale non è in condizione di capire ciò che l'insegnante intende per condotta. Lì condotta non vuole riguardare cosa è giusto o sbagliato nell'agire pratico. Essa attiene al trovarsi nell'agire universale delle leggi naturali.

tratto da ‘Hara’ di Karlfried Von Dürckheim, ed. Mediterranee






domenica 18 settembre 2011

sabato 17 settembre 2011

Mu-i : La Non Paura


Mu-i 
La Non Paura

Taisen Deshimaru Roshi (1914-1982)  Patriarca dello Zen Europeo

Viviamo in un mondo di paura.
Nell'epoca attuale la paura si presenta sotto forma di un'ansia permanente che spezza lo slancio vitale e produce molte malattie.
Perche gli uomini hanno paura?
Alla base del timore e dell'angoscia c'e I'attaccamento a sé stessi e alle cose della vita.
Con la pratica regolare dello zazen, con l'abbandono dell'attaccamento, questo stato d'ansia scompare.
Se lo spirito è tranquillo, tutto diventa tranquillo.
La radice della paura deve essere vissuta e compresa.
In zazen si possono osservare le emozioni e le paure come bolle che salgono alla superficie di un fiume.
Lo spirito è ricondotto al solo momento presente e diventa simile al vasto oceano, che nulla può turbare in profondita.
La maggior parte delle paure è immaginaria e non è correlata ad un pericolo reale e immediato.
La non-paura è quella coscienza che lascia sopraggiungere le emozioni senza identificarsi con esse.
Attraverso la non-identificazione, la coscienza si libera e raggiunge uno stato di stabilità che si manifesta come non-paura.

Taisen Deshimaru Roshi

sabato 10 settembre 2011

Modificare il nostro Karma




Modificare il nostro karma
Discorso di Shunryu Suzuki Roshi.

La maniera migliore è conoscere le strette regole del karma e lavorarci sopra immediatamente.
Diventiamo molto seri quando abbiamo un grande problema senza renderci conto che noi in continuazione creiamo problemi. Se si tratta di un piccolo problema, pensiamo: Non c’è problema, me ne posso occupare… Posso farvi fronte abbastanza facilmente.
In genere si pensa così senza nemmeno sapere o aver scoperto il modo per affrontare il problema che sia ha. Qualche giorno fa Tatsugami Roshi ha detto: La tigre caccia il topo con tutta la sua forza, non ignora nemmeno il più piccolo animale. Il modo in cui cattura un topo ed il modo in cui cattura una mucca è lo stesso.
Di solito, anche se si hanno molti problemi, si è portati a pensare che siano di poca importanza, e così riteniamo non necessario applicarci ad essi. Questo, per esempio, è il modo in cui molti paesi trattano le loro questioni internazionali. Questo è un problema di minore importanza che non viola i trattati, andrà tutto a posto. Fino a che non usiamo le bombe atomiche, possiamo continuare a farci la guerra.
Il fatto è, però, che questo continuare a farci la guerra, alla fine produrrà una grande guerra. Così, anche se i problemi che avete nella vita di tutti i giorni sono piccoli, se non trovate il modo di risolverli vi troverete in grande difficoltà.
Questa è la legge del karma. Il karma inizia sempre dalle piccole cose, cosicché, se voi sarete negligenti nei confronti delle piccole cose, il vostro karma accelererà.
Di recente ho letto alcuni insegnamenti del Buddha concernenti la Via:
Trattenetevi dal possedere molti desideri; mentre ricevete il cibo e la bevanda accettateli come una medicina.
E’ il nostro Sutra dei pasti.
Non accettate o rifiutate il cibo sulla base di ciò che vi piace o non vi piace; semplicemente date forza ai vostri corpi; evitate di essere affamati ed evitate di essere assetati. Come un’ape che nella sua raccolta del miele assaggia il fiore ma non crea disturbo al suo colore od al suo profumo, così siate cauti e accettate giusto quanto la gente vi offre…
Trattenetevi dal possedere molti desideri…
Trattenersi dai troppi desideri non è, in realtà, una questione di grande o piccolo, molti o pochi. Avere pochi desideri significa non disperdere la nostra concentrazione su troppe cose. Affrontare ogni cosa con unità di mente, con spirito aperto, questo è avere pochi desideri.
… mentre ricevete il cibo e la bevanda accettateli come una medicina.
Ciò significa rimanere concentrati nell’accettazione, senza far posto ad alcuna idea di io, tu e cibo.
Così riceviamo, oppure accettiamo, il cibo, piuttosto che prenderlo. Prendere è più dualistico; accettare è un’attività più completa.
Voi siete portati a pensare che prendere sia un’azione più completa che accettare, ma secondo gli insegnamenti del Buddha, afferrare o prendere non include un’accettazione completa. E, dal momento che prendere è un’azione dualistica, crerete del karma.
Potreste avere il desiderio di prendere perché altre persone potrebbero farlo al posto vostro, così sarete costretti ad affrettarvi; quando, invece, ricevete e accettate, direte: Grazie mille. Questo è il modo che il Buddha indicava come il trattenersi rispetto ai propri desideri.
Non accettate o rifiutate il cibo sulla base di ciò che vi piace o non vi piace…
Ancora una volta, accettare o rifiutare in questo modo è dualistico. Questo tipo di insegnamento non significa esercitare il controllo sopra i propri desideri; se volete controllare i vostri desideri, entrerete in conflitto sulla maniera più consona per limitarli, ed in questo modo aggiungerete problemi a problemi, uno dopo l’altro.
Potreste anche trovare delle buone scuse per ottenere di più, ad esempio più cibo, ma in questo modo perderete la Via.
Semplicemente, date forza ai vostri corpi ed evitate la denutruzione e la sete. Se sapete come praticare zazen allora saprete anche quanto cibo prendere e non ci sarà pericolo di mangiare troppo o troppo poco.
Come un’ape che nella sua raccolta del miele assaggia il fiore ma non crea disturbo al suo colore od al suo profumo…
Questa è una parabola molto famosa. Quando noi, per esempio, prendiamo del miele perché il fiore è bello o il profumo è accattivante, prendiamo il vero gusto del fiore.
Quando vi prendete cura di voi stessi e del fiore, allora avrete una sensazione diretta del fiore e assaggerete il suo miele.
Spesso, non siamo così attenti; di solito, roviniamo i fiori oppure ci attacchiamo a qualche particolare fiore. Se ci attacchiamo troppo faremo morire il fiore. Il fine del miele contenuto nel fiore è aiutare la pianta ad invitare le api. Così è necessario che si sappia se siamo come un’ape o se siamo qualcos’altro. Quando siamo completamennte coscienti delle difficoltà che talvolta creiamo, allora saremo in grado di estendere con più attenzione la nostra pratica nella vita di tutti i giorni.
Voi pensate che la nostra Via, il nostro modo di praticare, abbia troppe regole sul modo di trattare le cose; bisogna sapere che cosa state facendo prima di pensare che ci sono troppe regole!
Così, vi pego, fate attenzione al modo in cui create i problemi nella vita di tutti i giorni; fate attenzione al modo in cui create cattivo karma per voi e per gli altri; ma, soprattutto, cercate di capire perché soffrite giusto adesso. C’è una ragione per cui soffrite e non è possibile sfuggire alla sofferenza se non cambiate il vostro karma.
Quando indagate il karma conducendolo in una buona direzione, allora sarete in grado di evitare la sua natura distruttiva, e sarete in grado di far questo rimanendo attenti sulla natura del karma e sulla natura dei vostri desideri.
Come ha sottolineato Buddha, conoscere la causa della sofferenza è riuscire ad evitare la sofferenza. Se vi applicate, se studiate, comprenderete la causa e l’effetto e come una cattiva causa immancabilmente dia cattivi effetti.
Fintanto che avremo una qualche idea del sé, il karma avrà un oggetto su cui lavorare; così, la miglior pratica è far lavorare il karma in uno spazio vuoto.
Se non abbiamo alcuna idea del sé, il karma non saprà che fare: Oh!, dove si trova il mio partner? Dov’è il mio amico?
C’è gente che s’impegna molto per bandire il karma, ma io non penso che sia possibile; il miglior modo è conoscere le regole con cui il karma opera e lavorarci su immediatamente. Se, per esempio, sapete che qualcosa non funziona, cioè produce sofferenza, non fa funzionare la vostra automobile, fermate la macchina immediatamente e riparatela.
Di solito, però, non facciamo così: Oh! E’ un problema da poco. Posso continuare ad andare. Questa non è la nostra Via. Anche se continuiamo ad andare, dovremmo contemporanemente aver cura della macchina. Se la spingiamo ai limiti, il problema che la macchina aveva si aggraverà fino a che si fermerà da sola; solo che, a quel punto, non è detto che si possa aggiustarla, oppure potrebbe richiedere molta energia.
Per questo è molto importante prestare attenzione ogni giorno, così come è importante sbarazzarsi di tutte le incomprensioni e sapere esattamente quel che si sta facendo.
Grazie mille.