Come sempre pubblichiamo con piacere un articolo ricevuto dal Maestro di Spada Giapponese Enrico Salvi sul senso profondo della Stoccata.

«L'abate Agatone dava sovente questo
consiglio al suo discepolo: “Non appropriarti mai di un oggetto che non
vorresti cedere immediatamente a chiunque”» (Detti dei Padri del Deserto).
Ricordo vivissimamente che nessuna difesa mi fu
possibile e che la sconfitta fu immediata. Tale frase breve ed essenziale
penetrò repentinamente nel mio petto come una punta di spada, annientando tutto
ciò che credevo di avere, tutto ciò che credevo di sapere e tutto ciò che credevo
di essere. Seppur per un attimo fugace quella stoccata mi uccise e, grazie ad
essa, fui puro specchio, puro vuoto, puro silenzio. Non ebbi il tempo di
pensare al contenuto della frase: attraverso la lama appuntita di quelle poche
parole la Verità mi attraversò fulmineamente da parte a parte. Mi fu
impossibile opporre lo scudo di una qualsiasi dubbio od obiezione. La stoccata
fu improvvisa, inevitabile e micidiale.
È proprio così: la Verità è una spada che al momento
opportuno e sconosciuto ti trafigge. Non è possibile alcuna parata o
deviazione, e ancor meno una replica: c’è soltanto la stoccata e quindi
soltanto lo Stoccatore, che, nell’infilzarti, almeno per un attimo ti unisce a
Sé in un subitaneo lampo di Luce. Dunque la Via della Spada consiste nell’esser
sconfitti dallo Stoccatore, mentre la vetrina dei trofei può restare vuota, dato
che tutto ciò che si crede di avere, sapere ed essere è (può essere da un
momento all’altro) ridotto a niente dalla stoccata che uccide e illumina.
Tornato in vita, lo Stoccatore avendo riposto la Sua
spada nel fodero, volli tuttavia rendermi conto del contenuto di quella frase
perforante e luminosamente letale. Mi fu chiaro che analizzare ciò che per un
attimo mi aveva ucciso sarebbe stato molto utile per realizzare l’intuizione
provocata dalla stoccata. Ebbi la certezza che la trafittura aveva aperto un
varco all’introspezione, senza la quale nessuna Via è percorribile. Provocata
dalla stoccata irresistibile della Verità, l’intuizione getta una preziosa
occhiata in Essa, che però può facilmente ridursi ad un ricordo pseudo gnostico,
soddisfacente di per sé e presumente di sé, al quale non segue la metanoia
integrale di chi è stato trafitto. Ed infatti altro è intuire la Verità e altro
è incarnarla con tutto se stessi, abbandonando, stavolta volontariamente, ciò
che si ha, si sa e si è, come altro è vedere uno squarcio di cielo attraverso
le nubi e altro è involarsi con le proprie ali oltre di esse nell’etere blu.
Nella Via della Spada la vetrina dei trofei può
restare vuota. Anzi, è meglio che resti vuota. Di quel vuoto in cui il trofeo,
cioè l’oggetto, può esserci come non esserci: se c’è, va bene, se non c’è, va
bene. Ciò che conta è il «va bene in ogni caso», è l’appropriazione che
immediatamente sa mutare in cessione. Appropriazione e cessione, ovvero
possesso e rinuncia, sono (dovrebbero essere) due atti perfettamente
equivalenti. Fra essi, al centro, quale giusto
mezzo, la vera libertà e la vera virtù. L’introspezione onesta e costante è
lo scandaglio col quale si scende nella profondità di sé e si individua
l’oggetto, sia esso cosa, idea, emozione, sentimento e quant’altro a
cui lo spirito concupiscente annidato nel cuore si è abbarbicato quale trofeo
incedibile dato che senza di esso l’io si sentirebbe perduto. All’individuazione
dell’oggetto o, com’è più probabile, dei numerosi oggetti ritenuti proprietà
inalienabili, e che determinano un deleterio ghiacciarsi dello spirito, ha da
seguire la seconda e più difficile operazione: la cessione, l’abbandono, il
distacco, la rinuncia, insomma il lasciare la presa che permette di installarsi
nel giusto mezzo.
L’oggetto, di quale natura sia, è il motivo di
resistenza e di aggressività dell’io oppresso dalla paura di perderlo; dell’io
che a meno che se non viene trapassato almeno una volta dalla spada dello
Stoccatore, non può nemmeno sospettare la libertà di cui partecipa grazie alla
Verità, la quale, se è auspicabile che non resti soltanto una preziosa intuizione propedeutica ad una
metanoia integrale, certamente non è appannaggio di un mero intellettualismo
che, avendone ingombra la testa, sa soltanto parlarne facendone un trofeo ben
in vista nella vetrina.
Concludo proponendo altre due precise e per me
indimenticabili stoccate con le quali il magnanimo Stoccatore, attraverso il
foro già aperto dalla prima, mi confermò il giusto
mezzo della libertà e della virtù nascosto fra l’appropriazione e la
cessione, nonché l’insignificanza di qualsiasi trofeo.
«Comprendi quel rilassamento in cui non
si afferra né si abbandona alcunché» (Tilopā, Consigli sul Grande Sigillo – Mahāmudrā).
«Incorruttibile e immacolato è ogni
sforzo che non cerchi soddisfazione altrove che nel proprio e semplice
compimento» (F. Taiten Guareschi, Fatti di terra).
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in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale
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