Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.
"Senza torbidità
nell'acqua della mente
la luna chiara in essa
si riflette
e anche le onde vi si infrangono
trasformandosi in luce."
Dōgen Zenji
La luna chiara della mente è la postura di Zazen; è la mente dello Zazen che nella quiete del corpo e della mente unificati, nella postura e nel respiro, si rischiara e lascia depositare il fango delle illusioni, dei pensieri confusi. La mente, che è dietro il tumulto dei pensieri, la mente dello Zazen, 'Hishiryo', chiara si riflette.
I pensieri sorgono
tumultuosi, appaiono e scompaiono come le onde del mare, come bolle sull'acqua,
impermanenti, fugaci, inconsistenti: onde che, attraversando il riflesso della
luna, sono attraversate dalla sua luce e diventano luce. Così altrettanto nel
sedere in Zazen, la nostra mente illusa, le miriadi di pensieri, si infrangono
sulla postura e sono trasformati in Illuminazione, in Risveglio.
Il fine in Zazen non è
'non pensare', il problema non sono i pensieri che sorgono, il problema è il
radicarsi nella postura al punto che i pensieri attraversando la consapevolezza
della postura ne vengono illuminati. Attraverso la luce della postura noi
illuminiamo le nostre illusioni, gettiamo un fascio di consapevolezza sulle
nostre illusioni e possiamo veder sorgere tutto quello che ci attraversa
abitualmente e che abitualmente non vediamo, tutto quello che condiziona le
nostre scelte, le nostre idee.
Dobbiamo essere
consapevoli che aldilà di questa Mente Originale, 'Hishiryo', di questa Mente
Cosmica che pervade ogni cosa, tutto il resto è condizionato dalle nostre
esperienze, dall’educazione, dalle paure ... non abbiamo quasi mai un pensiero
originale. Non c'è un pensiero che noi possiamo pensare davvero nostro, un
pensiero ‘originale', a meno che, sedendo in Zazen, non riusciamo a toccare
questa mente profonda ed intuitiva.
Ecco perché sedendo
dobbiamo spazzare via ogni altro obiettivo, ogni altro 'motivo' della nostra
azione che non sia quello di essere pienamente la postura di Zazen. Ogni
obiettivo ci allontana dall'autenticità, e questo accade anche in ogni altra
azione che non sia quella che il momento richiede in base alla qualità morale
che noi riconosciamo in tutto quello che incontriamo.
Dobbiamo percepire lo
sguardo che il mondo ha su di noi. Tutto ci guarda; il vento ci guarda, il
freddo ci guarda, le montagne, i fiumi... Quando sediamo in Zazen ci apriamo a
questo sguardo. Come possiamo rimanere indifferenti in mezzo a questo
turbamento cosmico?
La nostra azione deve
essere accurata, dobbiamo essere presenti; lo Zazen è la più alta espressione
di questo atteggiamento risvegliato.
Dobbiamo continuare
costantemente ad interrogarci ed interrogare lo Zazen, non sederci come per
abitudine. Ogni volta che sediamo dobbiamo porci di fronte al Koan, che
rappresenta la postura di Zazen; non vi accontentate di un'esperienza
superficiale ed approssimativa.
Ogni volta che sedete,
anche dopo venti o trent'anni, esplorate la postura di Zazen come fosse la
prima volta, cercate di comprenderne a fondo il significato e tutti i
significati che ogni volta appaiono.
Ogni volta che sedendo
i piedi verso l'alto, vi affrancate dalla necessità di muovervi verso qualcosa,
vi affrancate dal rincorrere o il fuggire e vi affrancate dal tempo che
consuma.
Ogni volta incrociamo
le gambe al punto che non sappiamo più distinguere destra e sinistra,
altrettanto quando si uniscono le mani nel Mudra Hokkai-join, la destra si
confonde con la sinistra e sono unite in un gesto di accoglienza. E quanto
abbiamo da studiare e da penetrare in questi gesti, nel complesso della
postura!
Cosa vuol dire tenere la schiena dritta? Non è così scontato aver compreso cosa significhi, non si tratta di tenersi su come dei pali, non ha niente a che vedere con lo stare diritti come un manico di scopa; ecco perché si inizia Zazen dopo aver fatto questo profondo inspiro e questo profondo espiro, si oscilla a destra e sinistra esplorando nell’oscillazione per trovare il centro, la verticale, e deve essere il punto in cui tutto è in equilibrio, a tal punto che i muscoli sono chiamati ad intervenire col minor sforzo possibile.
E' la struttura di
tutto il corpo fondata sull'appoggio dato dall'incrocio delle gambe che rimane
eretta perché è perfettamente in equilibrio e si crea una condizione tale che
si riflette immediatamente nella mente e nel nostro sistema nervoso profondo.
Percepiamo istantaneamente, inconsciamente, questo grande equilibrio, questo
perfetto allineamento con la verticale, questo radicamento con la terra; non è
così scontato ed ogni volta va esplorato, ogni volta va affinato. Non fate
l'errore di pensare di aver capito tutto, non c'è niente da capire, niente che
possa essere compreso una volta per tutte, è un'esplorazione continua giorno
dopo giorno.
E' questo che rende lo
Zazen avvincente... chi non siede in Zazen non può capire cosa intendo dire.
Possiamo sembrare pazzi
nel dire che lo Zazen è assolutamente avvincente, molto più di qualsiasi film
di azione. Io lo trovo estremamente avvincente, non mi annoio mai in Zazen; mi
posso annoiare davanti alla televisione ma nella postura di Zazen non mi annoio
mai perché non incontro mai qualcosa che ho già visto e sperimentato
prima.
Questo profondo respiro
che facciamo all'inizio, detto Ikken Isshoku, è molto importante perché è come
se imprimesse un nuovo ritmo alla respirazione, in particolare l'espirazione
deve scendere verso l'addome profondamente, come un palla pesante che spinge
verso il basso il respiro. Non è mai uguale, anche il nostro respiro
cambia continuamente di momento in momento ed è influenzato ed influenza il
pensiero e le emozioni, e tornando al respiro e spingendolo giù verso l'addome
ancora un volta ci instauriamo in questo centro solido, quieto, stabile;
immediatamente questo si riflette sulla nostra mente, sul nostro spirito.
Sedendo in Zazen
possiamo comprendere che ogni momento che ci è concesso in questa forma umana è
un fiore che sboccia nel vuoto, un fiore nel cielo, appare e scompare.
In che modo possiamo
coltivare, apprezzare e prenderci cura di questo fiore che sboccia di momento
in momento?
Questo sarà l'ultimo
Zazen insieme di quest'anno. Un anno impegnativo che ci ha tolto molto ma che
ci ha anche offerto molto.
Spesso nel toglierci
qualcosa, un'occasione ci permette di scoprire altre risorse, altre direzioni
verso cui volgere il nostro sguardo e ci scuote dall'abitudine che è una delle
più pericolose malattie.
Vi esorto e mi esorto a
guardare a quest'anno che è trascorso con profonda compassione e anche con
riconoscenza. So che vi sto chiedendo qualcosa di molto difficile ed
impegnativo perché abbiamo provato paura, rabbia, disorientamento... ma se in
questo momento noi riusciamo a recuperare la nostra compassione questo ci
permetterà di guardare all'esperienza che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo
come ad un'opportunità, per poter guardare alla nostra vita e rinnovare il
nostro sguardo su di essa, allora non sarà un'occasione persa...
In ogni cosa che accade
abbiamo nel viverla solo due possibilità: quella di lamentarci e maledire il
destino e quella invece di guardare con fiducia cercando di cogliere l'opportunità
che ogni occasione offre.
E noi come praticanti
di Zazen dobbiamo davvero fare tesoro ed imparare da questa esperienza. Ci sta
insegnando e gridando nelle orecchie tutte le belle teorie che ci raccontiamo
nello Zen, riguardo l'Impermanenza, riguardo al 'non sé', riguardo
l'Interdipendenza... allora a cosa è servito studiare ed approfondire questi
principi se adesso che appaiono così evidenti davanti ai nostri occhi ci
rifiutiamo di guardarli direttamente e di accoglierli nella nostra vita?
Io provo profonda
gratitudine per questo anno che sta finendo.
Nonostante tutte le
difficoltà che abbiamo e stiamo ancora attraversando credo che ci stia offrendo
un tesoro, e sta a noi non distogliere lo sguardo per paura o per pigrizia; è proprio
il momento di mettere a frutto quello che abbiamo coltivato con la nostra
Pratica in questi anni.
D'altronde la storia
dello Zen è stata scritta dal sangue di uomini che erano capaci di abbandonare
tutto, di ritirarsi tra le montagne, di attraversare continenti per cercare il
loro maestro, di abbandonare ogni attaccamento... basta scorrere i nomi dei
Patriarchi che recitiamo durante i nostri riti e conoscere un po' le loro
storie, e di fronte a questi esempi dovremmo provare vergogna per la nostra pigrizia
e per le nostre esitazioni.
Adesso, in conclusione
del nostro Zazen, reciteremo il Sutra del Cuore, e vi prego di farlo con
partecipazione, con vigore, con commozione, che ci muova dal profondo, perché
questo canto possa essere un canto di ringraziamento e di benedizione, di buon
auspicio per tutte le esistenze, per chi in questo momento è in difficolta, per
chi sta soffrendo e perché ognuno possa davvero trovare ispirazione nel nuovo
anno che arriva, per far fiorire la propria vita di momento in momento, in
questo vuoto in cui ogni forma appare e scompare e nella sua fugacità trova
tutta la sua ricchezza.
© Tora Kan Dōjō
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