sabato 25 dicembre 2021

Liberarsi dalla paura di vivere

 



Ciò che è veramente importante è che vi liberiate della paura di vivere.

Questa paura di vivere comporta due aspetti: da una parte la paura di tutto ciò che portiamo in noi stessi, dall'altra la paura delle situazioni concrete con le conseguenze a cui possono dare origine. La paura di vivere diviene ben presto paura di soffrire: meglio vivere meno per soffrire meno. Osservate, guardate, domandatevi se questo vi riguarda o no. [...] Avete paura di vivere perché vivere significa assumersi il rischio di soffrire. Questa paura ha le sue radici nelle vostre esperienze passate perché più avete vissuto più siete stati infelici. [...] E molto spesso nasce questa decisione, a volte inconscia, a volte molto cosciente: «Non voglio più soffrire così». [...] Bisogna avere chiaro che, per chi è impegnato nel cammino della saggezza e vuole a poco a poco penetrare il mistero della sofferenza, è indispensabile assumersi il rischio di vivere e di soffrire.

[...] Questa ricchezza di vita è stata abbondantemente condannata anche dagli insegnamenti spirituali che esaltano l'ascetismo, l'austerità, la rinuncia, il ritiro in un monastero o in una grotta d'eremita [...]. Quindi, vi dibattete in un senso di soffocamento per il desiderio di condurre una vita vasta, una grande vita, una vita ricca di esperienza. Il rischio è che questa paura di vivere sia illusoriamente giustificata da un ideale spirituale.

[...] Cerchiamo di essere innanzi tutto perfettamente naturali prima di aspirare al soprannaturale. «Colui che tradisce la terra non raggiungerà mai il cielo», questo famoso motto è eloquente.

[...] Se mi ritiro a poco a poco dal mondo, realizzerò l'archetipo del saggio che ha rinunciato a tutto, immerso nella beatitudine del nirvana. Si tratta di un'immensa menzogna, frutto della negazione e della paura. [...]

Cominciamo dall'inizio. Se desiderate raggiungere una spiritualità che non sia una caricatura, abbiate il coraggio di riconoscere tutta la forza vitale che esiste nel bambino e che in voi è rivolta contro se stessa. [...] Sono convinto che gran parte di ciò che attribuiamo all'avanzare dell'età derivi di fatto dalla repressione della forza vitale in noi, innanzi tutto da parte di chi ci educa, poi da parte dell'esistenza in generale, e infine da parte di noi stessi; e sono convinto che non si può divenire né un asceta né uno yogi se si soffoca questa forza vitale.

 Arnaud Desjardins


















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martedì 21 dicembre 2021

Disattenzione

 



"Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro,
incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.
Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno
più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era
come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote."

 Wisława Szymborska


© Tora Kan Dōjō














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martedì 14 dicembre 2021

Trasmissione della storia del Risveglio (versione Italiana e Francese)

 Di Federico Dainin Jôkô Sensei

Rohatsu 8 - XII - 2019

(trascritto da Myonin unsui)

In quel momento, seduto in mezzo a innumerevoli compagni di umanità, sulla montagna che non conosce vetta, Gautama coglie un fiore. Tra le dita del risvegliato, il fiore danza ancora oggi.

Chiude le palpebre. Nessuno ha capito.

Ha aperto le palpebre. Kasho sorride.

“Sento nel profondo di me la realtà di tutte le cose, la bellezza e la bontà di tutti gli esseri. Carceriere di me stesso, sono anche il mio liberatore. "

L'occhio vede il tesoro.

"È in me e con me in tutti gli esseri che il Nirvana palpita. "

Mentre l'umile e potente stella del mattino lascia la sua impronta eterna nel cielo, Gautama rompe il tempo, apre lo spazio, offre il fiore.

Seduto per diversi giorni, assorbito nel cuore della sua presenza, corpo e spirito riconciliati, i suoi poteri toccano ogni particella dell'Universo, come una potente luce che irrompe in una stanza buia, come una mano amorevole che sfiora un viso amato.

Aveva abbandonato il palazzo all'età di diciannove anni. Rasandosi la testa, ha invitato tutti gli esseri a essere veri. La sua ricerca è stata lunga. Poi si è seduto. Una stuoia di pietre ed erba, quasi a mettere radici tra la vita e la morte. Seduto, meravigliosamente immobile, per amore e speranza. Così immobile, che i ragni potevano tessere piccole ragnatele tra le sopracciglia, e i passeri costruivano un nido nel mudra delle sue mani.

La vita organica e non organica pulsava in tutto il suo essere: montagne e valli, muschi, insetti, stelle e firmamento, fiumi e oceani, luna e sole, uccelli e pesci e tutte le forme dell'esistenza, gli esseri umani e gli animali, tutto, tutto, pulsava la linfa risvegliata in lui. Poi lui stesso si è sentito contenuto nel tutto e in tutto. Infinito. Eterno. Ha poi visto l'intero ciclo della sua vita e della sua morte. E diventatò riconoscente. Vide che faceva parte della creazione e della distruzione di mondi e regni infiniti.

In quel momento sentì nel più piccolo spazio di tutto il suo essere la sofferenza e la felicità di ogni essere senziente. Il suo corpo conteneva notte e giorno, gioie e dolori; passato, presente e futuro.

Accolse la vita.

Divenne un rifugio.

Nel trentesimo anno della sua vita, l'ottavo giorno del dodicesimo mese, mentre la notte si infittiva di nero e silenzio, la luce lontana della stella del mattino si riversava nella sua vita, intrisa di eternità, di gioia, benevolenza e saggezza il suo corpo ora vasto come lo spazio e il suo spirito infinito come il tempo.

“Ho raggiunto il vasto eterno risveglio. Un muro ridotto in polvere ha bucato le nuvole e, con me, tutti gli esseri senzienti sono tornati a casa. "

Fu il primo ruggito del leone.

Presto coglierà il fiore, presto Kasho sorriderà.

Presto aprirà lo spazio del suo cuore e manterrà la sua dimora in questo mondo per quarantanove anni, trasmettendo senza sosta a tutti gli esseri questo tesoro nascosto al loro interno. Quarantanove anni, con la mano tesa e il petto aperto, per aiutare tutti gli esseri senzienti a liberarsi dalla sofferenza. Non è mai stato solo. Rivestito degli avanzi di questo mondo, ricco di una ciotola vuota, la sua stessa carne, il suo sacco di ossa e il suo cuore spalancato divennero l'essenza stessa del risveglio tra gli Uomini.

Da allora, la sua trasmissione è stata ininterrotta e la sua vita rimane la radice della nostra pratica. La bellezza del suo Essere era, di per sé, l'insegnamento.

Non pensare che Gautama si sia svegliato. E, se gli crederai, è qui, sveglio con te.

Con il passare della notte, lo sentirono apparire e scomparire con forza da migliaia di mondi ed esistenze; ha capito l'inesprimibile, noi andiamo e veniamo, appariamo e spariamo come le onde degli oceani, come le bolle che adornano le creste della risacca. Oceano di saggezza.

L'acqua è pura fino alle sue profondità più profonde. La luna risplende nella più piccola goccia di rugiada. Montagne e fiumi, terre e valli, forme e apparenze, luna e acqua, io e te. Può essere tutto molto diverso; ma non c'è niente che non esiste negli occhi dei Buddha.

Sorrideva, sorrideva come un gesto d'amore, e il suo sorriso illuminava il cuore dell'oscurità del mondo come un delicato alone di una candela che accompagna una solenne cerimonia nella notte. Sublime sorriso d'amore che purifica tutti gli ostacoli esistenti in un istante.

In quel momento il cielo tuonò, i fulmini squarciarono il velo del tempo presente, Gautama sentì tutta la sofferenza degli esseri in lui e resistette. Sedeva immobile, come una roccia, inzuppata fino al midollo, una roccia d'amore, senza muoversi per rimanere un rifugio stabile e sereno in mezzo al trambusto delle illusioni e al dolore della vita.

Vivere è un disastro, esistere un miracolo, come il parto, un disastro di dolore che genera la meraviglia più misteriosa, il dono dell'esistenza.

L'occhio non vede l'occhio. L'occhio vede il Tutto che lo contempla.


Anche noi siamo negli occhi dei Buddha e non solo; siamo l'occhio stesso dei Buddha. L'occhio di Gautama è tutto il nostro cuore, che sta qui meravigliosamente dritto, la fonte della beatitudine. Altrove, non c'è sole il cui splendore parli da sé così bello. Gautama e noi non siamo qui. Non c'è né uno né due. La nostra pelle, la nostra carne, le nostre ossa e il nostro midollo sono questo misterioso Tutto. Qui anche noi, casa e rifugio, nei secoli dei secoli.

Il fiore danza tra le dita dei vivi.

All'Infinito, Kasho sorride.

La tempesta cessò e le nuvole si inchinarono per far riapparire la luna con la sua bianca presenza. Tutte le prigioni del mondo e dello spirito si sono aperte, Gautama capì che siamo prigionieri e carcerieri, ma anche chiave e liberatore. Il suo cuore batteva forte, deliziato dal desiderio di aiutare tutti gli esseri senzienti a liberarsi dal dolore e dall'incompletezza.

Le stagioni vanno e vengono, fiumi e paesaggi cambiano momento per momento. Non è altro che il Buddha che alza un sopracciglio e sbatte le palpebre. L'unico corpo che assume miriadi di forme.

Non trasmettere questa storia a parole; lasciate solo che la storia si trasmetta al profondo della vostra vera bellezza, l'un l'altro, tutte le bellezze dei Mondi.

Segui il tuo cuore. E, oggi, lascia che il desiderio di Gautama sbocci dentro di te. Questo fiore è solo compassione. E quel sorriso è tutto amore. In questo momento, i muschi e le rocce, il cielo e la terra possono vivere in te. In questo momento, alla tua presenza, tutto può essere perdonato e tutto può essere amato. Diventi questa terra dove i peccatori [tentatori] possono soffrire.

“Aiuta tutti gli esseri a liberare se stessi dalla sofferenza."

All'improvviso non c'è più interno o esterno; niente è separato. Il vento attraversa il vasto cielo, le nuvole danzano, un fiore sboccia tra le tue mani e il mondo sorge.

Immergiti nella vita, vivo; e in un solo istante sei Gautama, un fiore danzante e il sorriso di Kascho. Il torrente nella valle si gonfia e si trasforma in un torrente. L'acqua brilla sulle rocce. Il ramo del vecchio albicocco fiorirà di nuovo domani; e nello stesso tempo crescono le spine.

Abbiamo cercato tanto fuori e lontano da noi, ma ha sempre riecheggiato in noi una bellezza antica e sempre nuova.

All'orizzonte Gautama vide finalmente la stella del mattino. L'aveva vista tante volte. Ma questa mattina l'ha vista per la prima volta. Il suo cuore era in pace. Immobile e dilatato. Vide passare davanti a sé le pagine del libro della sua vita; pensava ai suoi genitori, a suo figlio, agli anni di ricerca e di interrogatorio, alla sua storia e a questo mondo bello e tormentato, alla gente della sua terra, alla gente immersa nel dolore, e più particolarmente pensava ai bambini, semi dei giorni a venire: la compassione gli apriva il petto e le sue braccia potevano abbracciare tutto.

Non sentiva altro che amore, e passò all'altra sponda, quella sponda dove ogni essere può, incontrandosi per sempre, incontrare tutte le cose nella verità. È diventato amore stesso ed ha espresso il desiderio di aiutare inesorabilmente tutti gli esseri senzienti, sciolti nell'impasto del mondo, per aiutarli a liberarsi dalla sofferenza.

Non è mai troppo tardi per amare.

Oggi tutti gli esseri sono chiamati Buddha.


(Versione in Francese)

Par Federico Dainin Jôkô Sensei

Rohatsu 8 – XII – 2019

(dans la chambre du maître avec les plus proches des siens...transcrit par Myōnin unsui )

A ce moment-là, assis au milieu d’innombrables compagnons d’humanité, sur la montagne qui ne connait pas de sommet, Gautama saisit une fleur. Entre les doigts de l’éveillé, la fleur danse encore aujourd’hui.

Il ferma les paupières. Nul ne comprit.

Il rouvrit les paupières. Kascho sourit.

« Je ressens au plus profond de moi la réalité de toutes les choses, la beauté et la bonté de tous les êtres. Geôlier de moi-même, je suis aussi mon libérateur. »

L’œil voit le Trésor.

« C’est en moi et avec moi en tous les êtres que bat le Nirvana. »

Alors que l’étoile du matin, humble et puissante, laisse son empreint éternelle dans le ciel, Gautama brise le temps, ouvre l’espace, offre la fleur.

Assis depuis plusieurs jours, absorbé au cœur de sa présence, corps esprit réconciliés, ses pouvoirs allaient toucher la moindre particule de l’Univers, comme une lumière puissante qui fait irruption dans une chambre sombre, comme une main aimante qui effleure un visage aimé.

Il avait abandonné le palais à l’âge de dix-neuf ans. Se rasant la tête, il invita tous les êtres à être vrais. Sa quête fût longue. Puis, il s’assit. Une natte de pierres et d’herbes, comme pour prendre racine entre la vie et la mort. Assis, merveilleusement immobile, par amour et espérance. Tellement immobile, que les araignées purent tisser des dentelles de toile entre ses sourcils et que des passereaux bâtirent un nid entre ses mains en moudra.

La vie organique et non-organique pulsait ses battement à l’intérieur de tout son être : montagnes et vallées, mousses, insectes, étoiles et firmament, fleuves et océans, la lune et le soleil, oiseaux et poissons, et toute forme d’existence, les êtres humains et les animaux, tous, tout, battaient en lui la sève éveillée. Il se sentit alors lui-même contenu en toute chose et en tout être. Infini. Éternel. Il vit alors l’entièreté du cycle de ses vies et de ses morts. Il devint reconnaissance. Il vit comme il fut partie de la création et de la destruction d’infinis mondes et royaumes.

A cet instant il sentit dans le moindre espaces de tout son être la souffrance et le bonheur de chaque être sensible. Son corps contenait la nuit et le jour , les joies et les peines ; passé, présent et futur.

Accueillir la vie.

Devenir refuge.

A la trentième année de sa vie, le huitième jour du douzième mois, alors même que la nuit s’épaississait de noir et de silence, la lointaine lumière de l’étoile du matin se jeta dans sa vie, imprégnant d’éternité, de joie, de bienveillance et de sagesse son corps désormais vaste comme l’espace et son esprit infini comme le temps.

« J’ai réalisé le vaste éveil éternel. Un mur réduit en poussière a percé les nuages et, avec moi, tous les êtres sont revenus à la maison. »

Ce fût le premier rugissement du lion.

Bientôt il cueillera la fleur, bientôt Kascho sourira.

Bientôt il ouvrira l’espace de son cœur et gardera sa demeure en ce monde quarante-neuf années durant, transmettant sans relâche à tous les êtres ce trésor caché en eux. Quarante-neuf années, la main tendue et la poitrine ouverte, pour aider tous les êtres à se libérer eux-mêmes de la souffrance. Il ne fût jamais solitaire. Habillé des lambeaux de ce monde, riche d’un bol vide, sa chair même, son sac d’os et son cœur grand ouvert devinrent l’essence même de l’éveil parmi les Hommes.

Depuis, sa transmission est ininterrompue et sa vie demeure la racine de notre pratique. La beauté de son Être fût, en elle-même, enseignement.

Ne croyez pas que Gautama s’éveilla. Et, si vous le croyez, il est ici, éveillé avec vous.

La nuit avançant, ils sentit puissamment l’apparaitre et le disparaitre de milliers de mondes et d’existences ; il comprit l’Indicible, nous allons et venons, nous apparaissons et disparaissons comme les vagues des océans, comme les bulles qui ornent les crêtes du ressac. Océan de sagesse.

L’eau est pure jusque dans ses plus profonds abîmes. La lune resplendit dans la plus infime gouttelette de rosée. Montagnes et fleuves, contrées et vallées, formes et apparences, la lune et l’eau, toi et moi. Tout cela peut être immensément différent ; mais il n’est rien qui n’existe pas dans l’œil des Bouddhas.

Il sourit, il sourit comme un geste d’amour, et son sourire illumina le cœur de l’obscurité du monde comme un halo délicat d’une bougie qui accompagne une cérémonie solennelle dans la nuit. Sublime sourire aimant qui purifia tous les obstacles de l’existence en un instant.

A cet instant le ciel se mit en tonnerre, la foudre déchira le voile du temps présent, Gautama ressentit en lui toute la souffrance des êtres, et il tint. Il tint assis, immobile, comme un roc, trempé jusqu’à la moelle, un roc d’amour, sans bouger pour demeurer refuge stable et serein au milieu de l’agitation des illusions et de la douleur de la vie. Vivre est un désastre, exister un miracle, comme un enfantement, un désastre de douleur qui engendre la plus mystérieuse merveille, le don de l’existence.

L’œil ne voit pas l’œil. L’œil voit le Tout qui le contemple.


Nous aussi nous somems dans l’œil des Bouddhas et non seulement ; nous sommes l’œil même des Bouddhas. L’œil de Gautama est notre cœur tout entier, se tenant ici merveilleusement droit, source de félicité. Ailleurs, il n’est pas de soleil dont l’éclat dise autant de beauté. Il n’est pas ici Gautama et nous. Il n’y a ni un, ni deux. Notre peau, notre chair, nos os et notre moelle sont ce Tout mystérieux. Nous voici nous aussi, demeure et refuge, depuis toujours et éternellement.

La fleur danse entre les doigts du vivant.

Infiniment, Kascho sourit.

La tempête cessa, et les nuages s’inclinèrent pour laisser réapparaitre la lune et sa blanche présence. Toutes les prisons du mondes, et de l’esprit, s’ouvrirent, Gautama comprit que nous sommes prisons et geôlier, mais clé et libérateur aussi. Son cœur se mit à battre la chamade, ravi du désir d’aider tous les êtres à se libérer de la peine et de l’incomplétude.

Les saisons vont et viennent, fleuves et paysages changent moment après moment. Ce n’est autre que le Bouddha qui soulève un sourcil et bat des paupières. L’unique corps prend des myriades de formes.

Ne transmettez pas cette histoire par les mots ; laissez seulement l’histoire vous transmettre au plus profond de votre vraie beauté, les uns aux autres, toutes les beautés des Mondes.

Suivez votre cœur. Et, aujourd’hui, laissez le vœu de Gautama éclore en vous. Cette fleur n’est que compassion. Et ce sourire n’est qu’amour. A cet instant, peuvent vivre en vous les mousses et les rochers, le ciel et la terre. A cet instant, en votre présence, tout peut être pardonné et tout peut être aimé. Vous devenez cette terre où peuvent souffrir les êtres éprouvés.

« Aider tous les êtres à se libérer par eux-mêmes de la souffrance. »

Soudain, il n’y a plus ni d’intérieur, ni d’extérieur ; rien n’est séparé. Le vent traverse le vaste ciel, les nuages dansent, une fleur éclot entre vos mains, et le Monde se lève.

Plongez dans la vie, vivants ; et en un instant un seul, vous êtes Gautama, une fleur qui danse et le sourire de Kascho. Le ruisseau dans la vallée se gonfle et se fait torrent. L’eau étincelle sur les rochers. La branche du vieil abricotier demain fleurira encore ; et en même temps poussent les épines.

Nous avons tant cherché en dehors et loin de nous, ce qui depuis toujours crie en nous une beauté ancienne et toujours nouvelle.

À l’horizon Gautama vit enfin l’étoile du matin. Il l’avait aperçue tant de fois. Mais ce matin il la vit pour la première fois. Son cœur était apaisé. Immobile et dilaté. Il vit les pages du livre de sa vie passer devant lui ; il pensa à ses parents, à son fils, aux années de recherche et de questionnements, à l’histoire qui fut sienne et à ce monde si beau et torturé, au peuple de sa terre, aux êtres plongés dans la douleur, et plus particulièrement il pensa aux enfants, graines des jours à venir : la compassion lui ouvrit la poitrine et ses bras purent tout étreindre.

Il ne sentit rien d’autre qu’amour, et il passa sur l’autre rive, cette rive où tout être peut, en se rencontrant soi-même pour de bon, rencontrer toutes les choses en vérité. Il devint l’amour même et exprima le vœu d’aider tous les êtres sans relâche, fondu dans la pâte du monde, de les aider à se libérer eux-mêmes de la souffrance.

Il n’est jamais trop tard pour aimer.

Aujourd’hui, tous les êtres se nomment Bouddha.

© Tora Kan Dōjō

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sabato 11 dicembre 2021

Ogni istante incontriamo l'Impermanenza

Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.


C'è un detto Zen che recita:

"Scava la pozza senza aspettare la luna, 
quando la pozza sarà finita la luna verrà da se"

È una splendida metafora dello Zazen, della ricerca spirituale, ma forse la parola 'ricerca' non è adeguata...
Dōgen Zenji parla di: Pratica e Realizzazione, una cosa sola:
SHU SHŌ ICHI NYŌ.(1)
Questo è proprio il senso del Cammino, dell'azione della Pratica, che è quel camminare verso un orizzonte che permette l'Incontro nell'imbattersi nel sacro; non è qualcosa che si può ricercare con una sforzo mirato all'ottenere qualcosa, ma è il frutto di un incamminarsi fiduciosi e disinteressati.
Quando noi sediamo in Zazen scaviamo quella pozza nella quale si affaccia la luna spontaneamente. Così come le nostre azioni quotidiane, che si conformano alla Pratica e che sono la Pratica, non sono altro che continuare a muoversi verso quell'orizzonte che permette il mutare del paesaggio, l'incontro... quel paesaggio mutevole che siamo noi stessi, quel 'noi' che è composito e in continua trasformazione.
C'è un bellissimo cortometraggio che in maniera molto poetica, con una musica e delle immagini molto toccanti, evoca proprio questo incamminarsi e l'incontro rappresentato prima con una chiocciola che quest'uomo raccoglie dall'erba e che poggia su una spalla e la invita a guidarlo e ad indicargli la direzione, e poi l'incontro con una volpe ferita che quest'uomo raccoglie, prende in braccio e accompagna; l'immagine di un Bodhisattva che abbraccia quello che incontra e se ne prende cura.
La volpe e l'uomo si addormentano ai piedi di un albero e mentre l'uomo dorme la volpe muore. Un filmato in timelapse, che dura probabilmente mesi, in cui la volpe che è morta si decompone, il suo corpo si gonfia e a poco a poco si scioglie e diventa terra mentre l'uomo continua serenamente a dormire alla base dell'albero; apparentemente l'uomo non cambia, il tempo passa.
Una bellissima e poetica immagine che vuole rappresentare l'Incontro con l'Impermanenza. Non c'è incontro che non sia Incontro con l'Impermanenza... 
È questo che dovremmo sempre e costantemente, come praticanti della Via del Buddha, riportare alla nostra memoria, in ogni istante, ad ogni incontro; è la cosa più importante della nostra vita, ad ogni incontro con qualsiasi cosa, dobbiamo ricordare costantemente che è l'incontro con l'impermanenza...
L'incontro con il movimento del mondo che si manifesta in quel momento in una persona, in un oggetto, in un paesaggio; allora la vita diventa una vita d'incontri unici, rari, preziosi, irripetibili ... in qualsiasi condizione, in qualsiasi momento della nostra vita.
Forse è l'Insegnamento più importante che ci ha lasciato Buddha: lo sguardo sull'Impermanenza.
Riflettete su questo costantemente, ad ogni incontro riportatelo alla vostra mente come un Mantra e ripetete a voi stessi che quell'incontro è unico, raro, prezioso... irripetibile.

(registrazione e trascrizione a cura di Monica Tainin)



Note

(1)SHU SHŌ ICHI NYŌ, L’Esercizio (shu) e realizzazione (shō) sono unità (ichinyō).
"Shu si riferisce al comportamento, all'esercizio, all'azione. Ha due significati: ‘studiare, apprendere’ e ‘ritornare all'origine’. Shō: risvegliarsi, comprendere, prendere coscienza. A partire da pensieri buoni o cattivi, limpido sgorga il Risveglio. Attenti alla postura - la bocca, le mani, la coscienza... - shu è anche shō ed attiene a tutte le azioni della giornata - i due non sono mai separati".
"Se abbandoniamo ogni cosa e non ci aspettiamo niente, il vero Risveglio originale ci riempie le mani...Attraverso il corpo si realizza la vera pratica - saggezza piena, perfetta".
(Dai commenti di Taisen Deshimaru Roshi allo Shōbōgenzō e all'Eihei Koroku di Dōgen Zenji)


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martedì 7 dicembre 2021

Consumarsi completamente nell'azione

 



Per non lasciare traccia, quando agisci, dovresti farlo con tutto il tuo corpo e con tutta la tua mente, concentrandoti su ciò che stai facendo.
Dovresti farlo a fondo, come un buon falò.
Non dovresti essere un fuoco che fa fumo.
Dovresti consumarti completamente.
Se non ti consumi completamente, una traccia di te rimarrà nella tua attività. Rimarrà qualcosa di non consumato, delle scorie.
L'attività Zen è l'attività totalmente consumata, che non lascia altro che ceneri.
Questo è l'obiettivo della nostra pratica.
Questo è ciò che Dōgen intendeva quando diceva:
“Le ceneri non diventano di nuovo legna per il fuoco. La cenere è cenere. La cenere deve essere completamente cenere. Il legno deve essere legno. Quando si verifica quell'attività, l'attività abbraccia ogni cosa. "

Shunryu Suzuki Roshi


© Tora Kan Dōjō
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martedì 30 novembre 2021

Abitare l'Hishiryo

Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.

Percepite la vitalità che scorre nel vostro corpo. 
Percepite la vita che si muove in voi. 
Rettificate la postura, facendo in modo che la postura sia aperta, solida, radicata, slanciata.
Non si tratta di imitare una statua. 
Per quanto immobili, questa apparente immobilità è frutto di un impercettibile continuo movimento che mantiene costantemente in equilibrio corpo-mente.
Dimorate in questa percezione di vitalità e da lì osservate l'inconsistenza del vostro pensiero: i numerosi pensieri che sorgono e che consideriamo buoni, cattivi, scandalosi, malvagi, compassionevoli, sono come bolle di sapone. 
C'è un fondo di saggezza profonda sulla superficie del quale sorgono questi pensieri generati dai condizionamenti, dalle esperienze, dal Karma.
I nostri pensieri non siamo noi. 
Se noi diveniamo consapevoli e dimoriamo in questo fondo che è prima del pensiero possiamo osservare come i pensieri non siano altro che delle reazioni organiche, né più né meno come lo sono i succhi gastrici o altre produzioni dei nostri organi, e possiamo osservare come i nostri pensieri siano determinati per lo più da condizionamenti. 
Per essere veramente liberi è necessario dimorare e pensare a partire da questo fondo di non-pensiero (pensiero Hishiryo). Finché saremo controllati e condizionati dai nostri pensieri, la nostra azione non sarà mai libera. Una delle più gravi malattie della contemporaneità è la dipendenza dal pensiero. 
Il pensiero è anche all'origine della nostra idea di sé, della nostra identità. 
Ci identifichiamo nel pensiero, ma in realtà il nostro vero ‘io’ è alla radice, in profondità. 
Quando voi in Zazen prendete l'abitudine di osservare il vostro pensiero, imparate ad abitare l' Hishiryo; il fondo di non-pensiero su cui il pensiero sorge. 
A poco a poco anche durante la vita quotidiana sarete capaci di dimorare in quel fondo e far scaturire la vostra azione dal quella fonte libera, intuitiva. 
A ben vedere buona parte delle nostre azioni, decisioni, sono condizionate dalla nostra educazione, dall'ambiente, dal giudizio degli altri; non sono affatto libere. 
Quindi se vogliamo essere veramente liberi dobbiamo imparare a muoverci, a pensare a partire da quel fondo di non-pensiero, da quella saggezza profonda e innata presente in ognuno di noi, e che esprimiamo soltanto quando siamo totalmente consapevoli e presenti al momento che stiamo vivendo. 
Quando siamo proiettati nel passato o nel futuro siamo trasportati via dal nostro pensiero, rimaniamo in superficie, nel movimento delle piccole onde che si agitano in superficie. Insediarsi nel non-pensiero, nella vitalità profonda, è come guardare dalle profondità dell'oceano verso la superficie e osservare tutte le onde, le correnti, i vortici, senza essere trascinati via. 

(Registrazione e trascrizione a cura di Monica Tainin)


© Tora Kan Dōjō

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sabato 27 novembre 2021

Il vero potere

 



Quando il Buddha abitava nel magnifico parco di Pavarika, situato presso il villaggio Nalanda, un certo Kevadda gli si accostò. Dopo essersi seduto ad una distanza conveniente, questi si prosternò rispettosamente davanti al Beato, e gli disse qualche parola di cortesia, prima di rivolgersi a lui:

«Oh, nobile Buddha! Nalanda è una città coronata di successo. I suoi abitanti vivono nella prosperità ed hanno fiducia in voi. Per accrescere e sostenere solidamente questa fiducia, sarebbe bene che voi deste qualche dimostrazione di abhiñña (poteri psichici).

— Kevaddha! Io non insegno il Dhamma in questo modo!»

Quando Nalanda sollecitò la sua richiesta una seconda, poi una terza volta, Buddha rispose sempre nell’identica maniera. Infine, spiegò la natura dei tre poteri psichici:

«1) Vi sono i poteri psichici che consistono nel produrre delle creazioni visive, nell’attraversare i muri, nel volare in aria, nel camminare sull’acqua, senza affondare, ecc.»

«2) Vi sono dei poteri psichici, tramite i quali si possono conoscere i pensieri e le vite altrui.»

«3) Vi sono dei poteri psichici, grazie ai quali si possono guidare gli esseri, a seconda delle loro pāramī, tramite l’utilizzo dei mezzi a loro appropriati.»

I due primi tipi di poteri psichici, se vengono impiegati per il piacere, o per impressionare la gente, non differiscono, allora, da una volgare manifestazione di prestidigitazione. I monaci che li praticano in questo senso rappresentano una sorgente di vergogna, di umiliazione e di disgusto per il saṃgha. Se i monaci acquistano l’abitudine di sollecitare la fede delle persone verso il Dhamma, tramite questi mezzi, il giorno in cui non saranno più capaci di manifestare i poteri psichici, il sāsana (l’insegnamento di Buddha) prenderà fine. Tali mezzi sono in grado di impressionare e di convertire delle folle verso la propria dottrina, ma non portano la conoscenza del Dhamma e sono privi della minima possibilità di liberare gli esseri dal saṃsarā (ciclo delle rinascite).

Il terzo tipo dei poteri psichici aiuta gli esseri a liberarsi dalla sofferenza. E’ il solo tipo di poteri psichici che sia degno di venire praticato. Quando un monaco vede un individuo prigioniero della passione, roso dall’avidità, utilizza i suoi poteri per insegnargli a liberarsi dalla brama e dal desiderio. Quando vede una persona schiava della collera, divorato dall’avversione, impiega i suoi poteri per aiutarlo a controllare questa collera e questa avversione. Quando un monaco osserva una persona sottoposta all’ignoranza, utilizza i suoi poteri per spingerla a disfarsene, sviluppando la conoscenza della realtà. Ecco i poteri psichici che è sano e costruttivo impiegare.

Fonte

 


© Tora Kan Dōjō
















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martedì 23 novembre 2021

La Trasmissione: incontro di Cuori in una sola Mente

 

Dainin Sensei e Taigō Sensei durante la Cerimonia pubblica
di Trasmissione che segue quella privata.

La risposta di due monaci Zen alla domanda :
‘Cosa sono, a vostro parere, il Lignaggio e la Trasmissione del Dharma?’

"La trasmissione é un momento di grazia in cui il discepolo attraverso la sua vita ricorda vividamente al maestro ciò di cui il maestro è scrigno.

La perla del mistero dell’esistenza si trasmette moltiplicandosi.
Due cuori si incontrano e appare un tesoro.
Proteggere insieme il Tesoro diventando tesoro.
E poi.... e poi in questa prosternazione in cui i due zagu si mescolano , capiamo....
Capiamo che nulla é trasmesso, non c’è chi trasmette né chi ha ricevuto.
E diventiamo celebrazione di ciò che era lì da sempre.... e diventiamo voto, voto di aiutare tutti gli esseri ad aprire gli occhi per scoprire ciò che è lì da sempre.
Questa vita che ci corre dietro per sorprenderci ad ogni istante.
Il Kesa drappeggia sul mondo, ed anche un filo d’erba si riscopre illuminato se stesso da sempre......"

Dainin Jōkō Sensei, monaco Zen Sōtō, Maestro e Abate della ‘Montagna senza Cima’


Dainin Sensei e Taigō Sensei durante la Cerimonia pubblica 
di Trasmissione che segue quella privata.

"La Trasmissione del Dharma è, per quel che ho vissuto, la 'celebrazione' rituale (nel senso più profondo del celebrare gioiosamente e con spirito di gratitudine) del riconoscimento da parte di un maestro della sincerità, della 'comprensione' e della maturità di Pratica (ovvero del 'mettere in pratica' nella vita) di un discepolo e un 'incoraggiamento' a continuare a camminare saldamente nella Via e condividere amorevolmente con il mondo la ricchezza ricevuta.

Il Lignaggio non è altro che la successione di questo incontro di cuori in una sola mente tra uomini che si riconoscono Buddha."

Taigō Kōnin Sensei, monaco Zen Sōtō, Maestro del Tora Kan Dōjō di Roma.



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