Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.

Basterebbe questo per risvegliarci alla
consapevolezza che viviamo la vita migliore del mondo, la vita migliore
possibile, che viviamo nel momento e nel luogo migliore possibili.
Ho come l’impressione che la malattia
dell’uomo sia una sorta di costante, inconsapevole depressione. Siamo tutti più
o meno depressi, affannati, tutti rincorriamo chissà cosa.
Ecco perché è così importante fermarsi e
sedersi. Guardare questo cielo, ascoltare questo canto e capire finalmente che
non c’è altro luogo, non c’è altro momento in cui vivere.
Dovremmo svegliarci ogni giorno come un
bambino che si sveglia la mattina di Natale; eccitato ed entusiasta per i doni
che sta per scoprire. Io penso che il Risveglio sia proprio questo, questa
capacità di sorprendersi costantemente, una sorta d’ingenua meraviglia, forse
quella Povertà di Spirito di cui parlava il Cristo.
Dal momento che questa
malattia/depressione è così generalizzata, ci sembra normale vivere in questa condizione, ecco perché è
così difficile liberarsi, perché la normalità è diventata questa, e abbiamo
anche un po’ di timore a discostarci da quella che è considerata la normalità.
Ci sentiamo quasi in colpa se siamo meno affannati, se ci fermiamo per godere
della vista del cielo.
Viviamo in una società che tende a farci
credere di essere malati se ci discostiamo dal pensiero comune. Già il fatto di
riunirsi qui a sedere in Zazen, a qualcuno può sembrare una stranezza,
un’anomalia, quasi un atto sovversivo
invece questa è la condizione più naturale e più sana, forse l’unico
momento veramente sano e pieno della nostra giornata.
Il senso della Pratica è proprio quello
scuoterci da questo torpore, da questa depressione e rassegnazione.
Depressione e rassegnazione mi sembrano
gli aggettivi giusti per definire lo stato dell’attuale condizione umana.
Io credo che una delle cause principali
di questa depressione risieda nella continua rincorsa verso traguardi
futuri, in una vita fatta di ambizioni,
proiettando così nel futuro la nostra felicità e soddisfazione.
Una soddisfazione e un appagamento che
non arriveranno mai perché le ambizioni e i progetti dell’immaginazione saranno
sempre più brillanti ed esaltanti dell’obiettivo raggiunto.
Sapersi sedere e apprezzare quello che
c’è qui e ora, senza proiettare nel futuro il nostro desiderio, è l’essenza
dello Zazen.
È importantissimo cogliere ogni
occasione, a cominciare dallo stesso Zazen, per scuotersi da questa ipnosi
collettiva.
Forse è anche questo il compito dei
Maestri, quello di esortare gli allievi ad uscire da questo torpore, da questa illusione collettiva che ci fa
essere convinti che la vita sia proprio in quest’affannosa corsa verso il
nulla.
Se noi non riusciamo a trovare in questo
preciso momento, pur in mezzo a tutti i problemi e le difficoltà, nel mezzo del
necessario affanno quotidiano, la nostra gioia, la nostra stabilità, la nostra
serenità, non potremo di certo trovarla in un improbabile futuro.
Di momento in momento siamo testimoni di
miracoli che dovrebbero meravigliarci ed entusiasmarci proprio come un bambino
al risveglio la mattina di Natale, ma per riconoscerli e goderne dobbiamo
scuoterci da questa depressione/illusione che ci acceca e ci intorpidisce, che
ottunde i nostri sensi al punto di non farci percepire più nulla.
Quando ci incontriamo dovremmo
festeggiare ogni volta.
Ogni volta che incontriamo qualcuno
dovrebbe essere un’occasione di celebrazione.
Il fondamento di una sana comunità è la
gioia della condivisione, la gioia dell’essere insieme nel praticare e nel
condividere.
Purtroppo anche le comunità religiose
spesso sono contaminate da questa depressione, da questa ricerca di un
traguardo futuro.
Quando invece riunirsi nella ricerca
spirituale dovrebbe essere una gioia, una festa, libera da altri obiettivi che
non siano quello di celebrare la Grande Vita.
Taigō Sensei
(trascrizione a cura di Monica De Marchi)
(trascrizione a cura di Monica De Marchi)
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